Il decreto potrebbe essere approvato in giornata. Lo scontro in Parlamento. La demolizione e i compiti di Bucci. Si parla di 24 mesi per tornare alla normalità

A tre mesi dal disastro di Ponte Morandi (14 agosto, 43 morti) Genova è ancora lì senza decreto (se tutto va bene arriverà la sera di mercoledì 14 novembre), con i resti del ponte da demolire, una viabilità cittadina da incubo e il porto che va a rotoli tanto che gli spedizionieri, davanti ai dati del traffico in continuo calo, hanno deciso di intraprendere class actions nei confronti di Autostrade per l'Italia e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (Mit). In via Fillak, a Rivarolo (la via fantasma abbandonata dagli sfollati dove si svolgeranno cerimonie in ricordo del disastro) alcuni volenterosi appendono un lenzuolo che parla di una strada che vuole "risorgere". Genova è così: fatica, lavora, vuole risorgere e magari ci riuscirà. Intanto protesta (con discrezione) e guarda inorridita i balletti parlamentari che sono riusciti a infilare in un decreto che si chiama "per Genova" il condono per le case terremotate di Ischia.

Decreto – Martedì sera, alla fine, è stato approvato in Commissione. Dove, però, il governo gialloverde è andato sotto per la prima volta nella sua breve storia grazie a voto favorevole di Gregorio De Falco e l'astensione di Paola Nugnes (entrambi senatori M5S) su un emendamento Fi-Pd che cancellava dal decreto (per la parte Ischia) il riferimento alle norme del condono del 1985, quello di Craxi e del famoso ministro socialdemocratico Franco Nicolazzi di cui il corsivista dell'Unità "Fortebraccio" scriveva: "Si aprì la portiera e dalla macchina non scese nessuno: era Nicolazzi". De Falco (quello che gridò al comandante Schettino "Torni a bordo, cazzo!!") e Nugnes pagheranno probabilmente con l'espulsione e il M5S cercherà di rimediare in aula magari con l'aiuto di qualche esponente di Forza Itala, come l'ex sindaco di Ischia Domenico De Siano che ha votato contro l'emendamento del suo partito e ha sostenuto il decreto fino in fondo. Ma in aula, non sarà semplice per la maggioranza che ha sei voti di vantaggio e altri malpancisti come la senatrice Elena Fattori (M5S) che ha ringraziato De Falco e Nugnes e ha parlato di clima "di terrorismo psicologico".

La ricostruzione – Una volta che il decreto sarà diventato legge, il sindaco di Genova Marco Bucci (nominato commissario alla ricostruzione) potrà cominciare il suo lavoro. Bucci ha detto di avere già sottomano le imprese che dovranno provvedere (a partire dal 15 dicembre) alla demolizione dei due tronconi cominciando da quello di Ponente. Se la procedura non verrà cambiata, il troncone di Levante (per intenderci quello che insiste sulle case di via Fillak e via Porro) andrà giù con la dinamite in un colpo solo, mentre quello verso Cornigliano verrà demolito in venti giorni utilizzando due gru. Poi partiranno le gare per i progetti e la ricostruzione vera e propria. Per quanto riguarda il progetto, come è noto, c'è quello di Renzo Piano (regalato alla città) ma che, ovviamente, deve essere "ingegnerizzato" e reso "esecutivo". Nel frattempo ne sono arrivati altri (come quello con i giardini verticali sponsorizzato da Beppe Grillo) e l'ordine degli architetti ha sollevato qualche perplessità sul progetto di Piano e sulla sua fattibilità soprattutto rispetto alla parte di viadotto esistente e che rimarrebbe in piedi. Altra questione è quella finanziaria: stabilito che deve pagare Autostrade per l'Italia, bisogna vedere, tecnicamente come e se ci sarà bisogno di attivare un mutuo (nel decreto, a questo scopo ci sono 30 milioni all'anno per dieci anni) e se Aspi pagherà senza fare resistenza o se toccherà passare attraverso le aule di tribunale.

C'è poi la questione dei tempi. Se la demolizione cominciasse davvero il 15 dicembre (ma non sarà facile), il punto è capire quando si concluderebbe, quando potrebbero partire i lavori di ricostruzione e quanto tempo ci vorrà per avere il nuovo ponte percorribile. Si era parlato di Natale del 2019, poi si è detto 18 mesi. Adesso Bucci mette le mani avanti e dice che sarebbe già un buon risultato averlo entro il 2020, cioé due anni da adesso. Guarda caso è lo stesso tempi indicato dagli spedizionieri genovesi che hanno deciso di far partire class actions contro Autostrade per l'Italia e contro il Ministero delle Infrastrutture per costringerli a pagare i danni derivanti dalla tragedia del 14 agosto. Gli spedizionieri sono quelli che devono andare in giro per il mondo a "vendere" il porto di Genova: "Abbiamo bisogno di tempo certi – ci ha detto il direttore generale di Spediporto, Giampaolo Botta – All'estero, le grandi compagnie vogliono solo sapere quando si potrà riavere una mobilità decente e cosa faremo per renderla tale nel frattempo. Poi sono disposti ad aspettare. Ma se non gli fornisci una dato abbastanza sicuro, sono capaci di andarsene da Genova per sempre".

L'inchiesta – Il procuratore di Genova, Franco Cozzi era stato chiaro fin dall'inizio: "Non è un incidente stradale qualsiasi. Non aspettatevi tempi brevi". Per ora ci sono una ventina di indagati: quelli di Aspi, quelli del Ministero, quelli del provveditorato e una manciata di consulenti. Alcuni si avvalgono della facoltà di non rispondere (e non ci fanno una splendida figura, dopo quello che è successo), ma qualcuno parla e spiega. Emergono incredibili "buchi", superficialità nei controlli, tempi dilatati per interventi che, se fossero stati fatti prima dell'estate, avrebbero evitato la tragedia. Poi c'è l'aspetto della causa diretta e immediata del crollo: che sia stato uno strallo a cedere, è quasi certo. Che il cedimento sia stato causato da un rotolo di lamiera perso da un grosso camion, è solo un'ipotesi.

Dall'inchiesta dipendono anche i tempi d'inizio della demolizione. Su questo, Cozzi è stato molto disponibile e chiaro: "L'inchiesta ha le sue esigenze, ma appena arriva l'istanza di dissequestro, noi siamo pronti a rispondere positivamente a stretto giro. Certo, ci dovranno dire a chi affidiamo i manufatti dissequestrati, perché non si può dissequestrarli e lasciarli lì come cosa di nessuno".

Insomma, Genova ripiange le sue vittime. E, dopo tre mesi, finito lo choc resta il dolore in tutta la sua crudezza. E resta, nella città, il senso di una certa impotenza istituzionale. Vedremo, in giornata, se arriva il decreto e se il sindaco Bucci potrà davvero cominciare a fare il commissario. Intanto, i genovesi, hanno imparato a passare un certo tempo della loro vita in coda pensando, forse, alla sfortuna che sembra perseguitare la loro avventurata città. 

 

 

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