Nuove prove e testimonianze nel processo legato alla morte del giovane a carico di cinque militari. Di Sano in un'intercettazione: "I pm vogliono arrivare ai vertici dell'Arma"
L'inchiesta sulle presunte bugie e i falsi legati alla vicenda Cucchi che coinvolge alcuni esponenti dell'Arma entra con nuove prove e testimonianze nel processo in corso a cinque carabinieri legato alla morte del giovane.
Intanto in udienza si avvicendano le testimonianze del personale sanitario che ebbe in cura il giovane prima della morte, presso l'ospedale Sandro Pertini. Parla, tra gli altri l'infermiera Silvia Porcelli: "Stefano mi disse che qualcuno gli aveva menato e che erano stati i carabinieri – racconta ribadendo quanto detto nel 2011, durante il primo processo sul caso Cucchi -. Quando gli dissi che avrei dovuto chiamare gli agenti della polizia penitenziaria come testimoni di quello che diceva, lui, mentre uscivo dalla stanza, mi disse 'non chiamare nessuno, tanto non lo ripeto'".
I giudici della prima Corte d'Assise di Roma hanno ammesso, come chiesto dal pm Giovanni Musarò, una serie di integrazioni che attraverso documenti, intercettazioni e testimonianze entrano nel processo in cui tre degli imputati rispondono dell'omicidio preterintenzionale di Cucchi. Davanti ai giudici comparirà come teste il capo della squadra mobile di Roma, Luigi Silipo, responsabile della nuova inchiesta partita dalle dichiarazioni del carabiniere Francesco Di Sano, finito sotto indagine insieme ad altre sei persone, cinque delle quali suoi colleghi e superiori. In aula saranno sentiti anche Francesco Tedesco, il carabiniere che ha denunciato e accusato i 4 colleghi coimputati nel processo, sua sorella Giuliana, Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza indagato per falso ideologico nel filone sui falsi, e Gianluca Colicchio, il collega di Di Sano che ha evidenziato anomalie contenute in una relazione di servizio sull'arresto di Cucchi da lui preparata nel 2009.
Tra le intercettazioni depositate un dialogo tra Di Sano e il cugino avvocato, Gabriele Di Sano, anche lui indagato, nella quale il carabiniere sottolinea che gli inquirenti "vogliono arrivare ai vertici" dell'Arma. Nel nuovo filone di indagine, legato ai depistaggi, sono indagate sette persone, sei delle quali appartenenti all'Arma: tra di loro Di Sano, Colombo, il tenente colonnello Francesco Cavallo all'epoca dei fatti capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante Talenti Montesacro, Tiziano Testarmata, e il maresciallo Roberto Mandolini, imputato per falso e calunnia nel processo in corso in Corte d'Assise.