La condanna ridotta in appello per l'ex re dei paparazzi, in tribunale con Carlos Maria. L'accusa aveva chiesto 2 anni e 9 mesi, la difesa l'assoluzione
La Corte d'Appello di Milano ha condannato Fabrizio Corona a 6 mesi di reclusione per i 2,6 milioni di euro trovati nel controsoffitto della casa della sua collaboratrice, Francesca Persi, e in due cassette di sicurezza in Austria. In primo grado era stato condannato a un anno.
Al termine della lettura della sentenza, Corona ha abbracciato i suoi legali, Ivano Chiesa e Luca Sirotti e dando un pugno sul tavolo in segno di esultanza. L'ex re dei paparazzi, mentre ancora i giudici stavano leggendo il dispositivo, è corso fuori dall'aula e ha abbracciato il figlio Carlos Maria, dedicandogli la "vittoria". "In totale ho fatto tre anni di galera per questa storia – ha detto l'ex agente fotografico – e oggi mi assolvono per i contanti, mi hanno dato del mafioso, ma ora dedico questa vittoria a mio figlio". Anche l'avvocato Chiesa ha esultato con i giornalisti: "Abbiamo stravinto!".
L'ex fotografo dei vip è arrivato a Palazzo di Giustizia insieme al suo legale e al figlio Carlos Maria, che ha aspettato il termine dell'udienza fuori dall'aula. In primo grado Corona era stato condannato a un anno nel giugno del 2017 per reati fiscali, ma era caduta l'accusa più pesante, quella di intestazione fittizia di beni. La Procura generale prima dell'estate, invece, ha chiesto per lui una condanna a 2 anni e 9 mesi.
"Quando è scoppiata questa indagine mi avete dato del mafioso, di quello che ricicla i soldi sporchi della malavita. Mi sono fatto dopo tre anni e mezzo di galera, dopo altri 6 mesi, altri due anni e mezzo di galera, totale 6 mesi di galera. Oggi mi assolvono e mi danno 6 mesi e mi restituiscono anche gli ultimi soldi. Fatevi tutti quanti, quando parlerete di me e della mia vicenda giudiziaria, un serio esame di coscienza – ha detto Fabrizio Corona ai giornalisti dopo la sentenza – Dedico questa vittoria a mio figlio Carlos Maria".
I giudici della seconda Corte d'Appello di Milano, portando la pena da 1 anno a 6 mesi, hanno assolto Corona dalle accuse principali del processo, quelle di intestazione fittizia di beni e di violazione delle norme patrimoniali relative alle misure di prevenzione. Ipotesi di reato contestate dai pm della Direzione distrettuale antimafia milanese dopo la scoperta del cosiddetto "tesoretto" nascosto da Corona al Fisco. Nel controsoffitto della casa della sua collaboratrice, Francesca Persi (condannata a 3 anni in appello contro i 6 mesi del prima grado) aveva nascosto 1,7 milioni mentre altri 860 mila euro erano custoditi in due cassette di sicurezza di una banca di Innsbruk, in Austria. Il collegio, presieduto da Guido Brambilla, ha ritenuto colpevole Corona di un illecito tributario legato a una sua società, la Fenice, poi fallita per un valore complessivo di 120 mila euro e ha quantificato la pena in 6 mesi di reclusione. I giudici, però, hanno concesso all'ex re dei paparazzi le attenuanti generiche e questo, oltre al fatto che il debito con il Fisco è stato saldato, ha fatto sì che dimezzassero la pena inflitta in primo grado. La Corte ha anche disposto il dissequestro e la restituzione di 50mila euro a Corona, unica somma che era ancora 'congelata', dopo una serie di dissequestri già effettuati nei mesi scorsi dai giudici della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Revocate anche tutte le pene accessorie sia per Corona che per la Persi. Le motivazioni tra 90 giorni.
Durante il suo intervento al processo, l'avvocato Chiesa ha spiegato: "Quei soldi erano nascosti in un controsoffitto e non lo sapeva nessuno. L'intestazione fittizia dei beni non esiste. Il mio cliente non è particolarmente difficile, è un artista – ha aggiunto – come Caravaggio. Come fa un uomo che non canta, non balla e non scrive a guadagnare 5 milioni di euro all'anno? Ha un carisma e una intelligenza superiore e ha il talento di capire cosa la gente vuole. In questo senso è un artista". Per i difensori di Corona, inoltre, c'è "una distinzione pacifica tra somme nel controsoffitto, che sono di pertinenza di Fenice che sono state messe lì tra il 2008 e il 2012 e quelle trovate in Austria che sono della Atena". Si trattava di "soldi guadagnati in nero" da Corona, sui quali non aveva pagato le tasse. Il quadro accusatorio "è tutto sbagliato", ha aggiunto Chiesa, che ha chiesto l'assoluzione del suo cliente. "Ho un artista che becca un sacco di soldi per lo sfruttamento della sua immagine e che non li ha dichiarati al fisco finché non è stato beccato – ha proseguito il legale – Non è una intestazione fittizia, ma è in reati fiscale che per altro abbiamo già sabato. I soldi nel controsoffitto sono di Fenice e quelli in Austria sono di Atena. Ne abbiamo dimostrato la provenienza. "Mi aspettavo che non facessero questo appello", ha concluso l'avvocato.
"Credo nella giustizia, sono fiducioso". È stato l'auspicio di Corona all'arrivo in tribunale. E sul figlio ha spiegato: "Non è un ragazzo che si fa strumentalizzare. Vuole stare vicino al padre, che sta affrontando una fase difficile della sua vita". Corona per lui ha deciso di non fare esternazioni, com'era avvenuto a luglio: "C'è mio figlio e voglio rispettare la legge". E ancora: "L'ultima volta quando ho fatto dichiarazioni spontanee ho fatto dei casini immani perché poi non riesco sempre bene a controllarmi – ha proseguito – Se le cose saranno dette nel modo giusto dai miei avvocati starò zitto, se poi ci sarà qualcosa che non va spero di avere la forza di parlare nel modo giusto. Non ho più paura di niente, vivo la vita alla giornata e cerco di godermi gli affetti più cari, che sono la mia famiglia e mio figlio – ha concluso – Alla fine ho fatto un anno di galera per reati fiscali. In Italia per reati fiscali la galera non se la fa nessuno".