Indagate in tutto 16 persone per possesso di materiale pedopornografico e per la sua produzione
Si scambiavano online materiale pedopornografico con protagonisti bambini, compresi video che mostrano abusi su neonati. Sono 6 le persone arrestate all'alba di mercoledì, 16 in tutto gli indagati: si tratta di uomini di nazionalità italiana tra i 20 e i 40 anni e residenti in diverse zone del Paese. Al centro dell'indagine le chat frequentate dai pedofili. Per farne parte bisognava sottostare a regole ben precise, come continuare a condividere foto e filmati di rapporti sessuali suddivise per range di età e sesso dei minori, pena l'esclusione. Gli amministratori avevano infatti il potere di eliminare chi non era 'produttivo'. L'indagine, nata dall'intuito della polizia postale di Torino e svolta in collaborazione tra dieci questure, è stata coordinata dalla procura della Repubblica del capoluogo piemontese.
I bruti senza scrupoli identificati sono persone comuni, operai e impiegati. Gli agenti sotto copertura sono riusciti a dare un volto ai nickname dietro cui gli orchi nascondevano la loro identità. "Si sentivano protetti dalla policy del gestore online, che come è noto è ostile a fornire informazioni sui propri iscritti", spiega a LaPresse Assunta Esposito, vice questore aggiunto della polizia postale e delle comunicazioni di Torino. E' invece ancora in corso un'indagine per determinare l'identità delle vittime, anche se al momento gli investigatori escludono che i bambini coinvolti siano parenti stretti dei pedofili.
Tutto nasce dal costante monitoraggio online della polizia postale di Torino. "Stavamo analizzando la Rete alla ricerca di pedofili che si intrattengono in stanze virtuali quando abbiamo trovato una chat in cui tutti i commenti erano in italiano", spiega Esposito. A quel punto è partita la richiesta di collaborazione agli Uffici della Postale di altre città italiane, come Reggio Calabria e Firenze, dove sono scattate le manette. Nessun arresto ha coinvolto Torino e Piemonte, stessa cosa per le perquisizioni, effettuate invece in Lombardia, Emilia Romagna e Sicilia. "Adesso seguiranno le analisi sul materiale informatico sequestrato che, oltre ad essere ingente, è particolarmente efferato. Non è escluso che i video siano autoprodotti", continua Esposito.
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