Il 'no' del Consiglio Superiore della Salute alla vendita della marijuana leggera ha riaperto il dibattito sulle infiorescenze della canapa con Thc inferiore allo 0,6%
Dopo il 'no' del Consiglio Superiore di Sanità alla vendita della cannabis light per gli effetti poco chiari che potrebbe avere sui consumatori, la palla passa al ministero della Salute, che dovrà assumere la decisione finale. Intanto si riapre il dibattito sulla marijuana 'leggera' ed è ben evidente l'alone di confusione che avvolge la questione. Cerchiamo di chiarirci le idee.
Che cos'è?
La cannabis light è una versione depotenziata della marijuana che si ottiene dalle infiorescenze 'femminili' della 'canapa sativa'. È caratterizzata da un basso contenuto di THC e da un'alta percentuale di CBD.
Ha effetti stupefacenti?
Il composto responsabile degli effetti psicotici è il tetraidrocannabino, ovvero il THC. La percentuale di principio attivo contenuta nella versione light della marijuana è compresa tra lo 0,2 e il 0,6%. Valori così bassi impediscono alla sostanza di produrre effetti stupefacenti.
Può essere usata a scopo terapeutico?
Il cannabidiolo, CBD, presente all'interno della cannabis è un composto dagli effetti sedativi e rilassanti, in grado di alleviare dolori e infiammazioni. La versione light ne contiene un quantitativo che può variare dall'8 al 15%. Questo, però, non la rende equiparabile alla cannabis terapeutica. Infatti la marijuana destinata a scopi medici presenta alti livelli sia di CBD che di THC (dal 5 all'8%) rapportati al tipo di patologia.
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A cosa serve?
Il consumo di cannabis light può rappresentare un'alternativa al tabacco, ma in molti casi si limita a essere un semplice passatempo. La sostanza è in grado di produrre alcuni lievi benefici legati in modo particolare a una piacevole sensazione di rilassamento.
È legale?
In Italia la legge numero 242 del 2 dicembre del 2016 – entrata in vigore il 14 gennaio del 2017 – ammette la coltivazione delle piante di canapa con THC oscillante dallo 0,2 al 0,6% per la produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi. Nella normativa non c'è nessun riferimento all'uso ricreativo della cannabis light. Questo gap ha generato molta confusione ma non ha impedito il boom del consumo della marijuana leggera. Chi la usa fumandola, lo fa nella consapevolezza che, allo stato delle cose, nessuna legge vieta di fumarla come non vieta di fumare il basilico, il prezzemolo o qualunque altra pianta.
Chi la vende?
La prima azienda a commercializzare la cannabis light in Italia è stata la EasyJoint, oggi leader nella vendita del prodotto. Dal giorno della 'legalizzazione' i cosiddetti 'growshop' si sono diffusi a macchia d'olio. Anche alcuni tabaccai hanno deciso di mettere a disposizione dei clienti il tanto richiesto prodotto. Sempre la EasyJoint ha commissionato uno studio di mercato che dimostra come il settore della cannabis potrebbe fruttare annualmente circa 44 milioni di euro e creare almeno 960 posti di lavoro.
Quanto costa?
I prezzi variano ovviamente in base alla tipologia di prodotto scelto: si va da un minimo di 10 a un massimo di 30 euro al grammo
Cosa sta succedendo?
Lo scorso 21 giugno il Consiglio Superiore della Sanità ha dichiarato che "non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa". La presenza di THC nella cannabis light è bassa, ma c'è. Il che può far arricciare il naso davanti allo scenario di una vendita incondizionata del prodotto a chi lavora per tutelare la salute degli italiani. Ciò che si teme è che il quantitativo di tetraidrocannabino (anche se basso) possa rendere nociva persino la versione leggera della marijuana. Così si potrebbero correre gli stessi rischi derivanti dal consumo della cannabis illegale.
Quali sono i rischi della cannabis illegale?
Gli studi condotti nel corso degli anni hanno evidenziato come il consumo di marijuana con alto contenuto di THC, oltre a creare dipendenza, può provocare problemi respiratori (dalla tosse a dei veri e propri problemi polmonari), aumento della frequenza cardiaca (con conseguenti rischi di attacchi cardiaci) e alterazioni nello sviluppo (legate all'uso durante la gravidanza). Da un consumo a lungo termine posso derivare anche dei danni mentali come paranoia, allucinazioni e aumento di disturbi di schizofrenia.
Di qui il divieto di commercio di un prodotto (la marijuana "normale") considerato pericoloso. La presa di posizione del Consiglio Superiore della Sanità non è vincolante e non determina di per sé un cambio delle regole. Ma potrebbe indurre il legislatore a stabilire norme più restrittive o riempire il buco normativo oggi esistente.