Milano, Antinori condannato a 7 anni per furto di ovuli

Dovrà anche pagare 3500 euro di multa per avere espiantato 8 ovuli a un'infemeriera spagnola senza il permesso della ragazza nella clinica milanese Matris

Il Tribunale di Milano ha condannato il ginecologo Severino Antinori a 7 anni di carcere e a pagare 3500 euro di multa per avere espiantato 8 ovuli a un'infemeriera spagnola senza il permesso della ragazza nella clinica milanese Matris. Anche il suo anestesista Antonino Marcianò è stato condannato a 5 anni e 2 mesi.

Per Antinori i giudici hanno disposto l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e l'interdizione per 5 anni e 6 mesi dalla professione medica mentre per Marciano l'interdizione per 5 anni dalla professione medica. Per il ginecologo i pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti avevano chiesto una condanna a 9 anni, mentre per Marcianò avevano sollecitato una pena di 5 anni. Condannata a 5 anni e 2 mesi anche la collaboratrice di Antinori, Bruna Balduzzi (per lei i pm avevano chiesto 6 anni) mentre è stata assolta per non aver commesso il fatto, Marilena Muzzolini, anche lei assistente del ginecologo (la pena sollecitata era di 5 anni). Condannato a 2 anni, infine, Gianni Carabetta, coimputato di Antinori in un episodio di tentata estorsione ai danni di una paziente (i om avevano chiesto 5 anni). I giudici dell'ottava sezione penale di Milano hanno anche disposto "il mantenimento del sequestro" della clinica milanese Matris di proprietà di Antinori fino alla sentenza definitiva.

Il processo era partito dalla denuncia di un'infermiera spagnola di origine marocchina di 24 anni, che aveva raccontato di essere stata immobilizzata, sedata e costretta a subire l'intervento di espianto 8 ovuli senza il suo consenso nell'aprile del 2015. La ragazza, sentita in audizione protetta, aveva detto di aver inizialmente accettato di donare i suoi ovociti in cambio di 7000 euro, ma poi di aver cambiato idea perché si tratta di una pratica "vietata dalla religione musulmana". Nonostante il suo 'no' Antinori e la segretaria Bruna Balduzzi l'avrebbero "afferrata con la forza" e portata in sala operatoria. Lì l'anestesista Antonino Marcianò le avrebbe "messo un braccialetto verde al polso" per poi procedere con l'anestesia. La 24enne non avrebbe avuto dunque la forza di sottrarsi all'intervento.

Con la sentenza i giudici dell'ottava sezione penale hanno riconosciuto l'accusa principale del processo, contestata dai pm Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, di rapina aggravata degli ovociti. Riconosciuti anche i reati di lesioni ai danni della ragazza, "limitatamente alle ecchimosi", di falso e di tentata estorsione. Sono cadute, invece, le imputazioni di rapina del telefono della giovane e un'altra accusa di sequestro. Le motivazioni sono attese tra 90 giorni.