Cinquanta persone sono state arrestate questa mattina dai carabinieri di Brindisi in un'operazione che ha riguardato anche le province di Lecce e Taranto. Sono tutte indagate a vario titolo per associazione mafiosa, concorso in omicidio con l'aggravante del metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico droga, porto e detenzione illegali di arma da fuoco e spaccio. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse dal gip del Tribunale di Lecce su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia.
L'indagine, avviata nel settembre 2012 in seguito all'omicidio di Antonio Presta, figlio di Gianfranco Presta, collaboratore di giustizia ed ex esponente della Sacra corona unita negli anni Novanta, ha permesso di delineare ruoli e responsabilità degli arrestati. Carlo Solazzo è stato identificato quale autore del delitto, il cui movente è da ricondurre alla gestione dello spaccio nei territori di San Donaci e Cellino San Marco. Gli investigatori hanno infatti accertato che Antonio Presta, insieme alla sorella Daniela e con l'appoggio di Pietro Solazzo, convivente della donna allora in carcere, stava assumendo il predominio per il controllo dei traffici a Cellino San Marco a discapito di Carlo Solazzo, fratello di Pietro, all'epoca capo di un gruppo criminale che si occupava della stessa attività in quel comune.
Il 15 agosto 2012 Antonio e Daniela Presta avevano incendiato un'abitazione di Carlo Solazzo, innescando la sua reazione che si è concretizzata, il 5 settembre, nell'uccisione di Antonio Presta insieme a un complice non identificato. Le successive indagini hanno consentito di individuare gli esponenti di due gruppi mafiosi attivi nei comuni di San Donaci e Cellino San Marco, facenti capo rispettivamente a Piero Soleti e ai fratelli Solazzo.
In realtà Pietro Solazzo, dopo la scarcerazione nel febbraio 2013, era entrato in contrasto con Carlo, prima di riappacificarsi e rientrare a pieno titolo nel gruppo criminale. In quella fase i gruppi sandonacese e cellinese avevano stipulato una specie di patto nella gestione dello spaccio per evitare pericolose sovrapposizioni e sconvenienti disaccordi. Collaboravano sia nell'approvvigionamento di droga nelle rispettive piazze, sia nel commettere atti intimidatori, come quello ai danni dell'abitazione del comandante dei carabinieri di San Donaci, i cui autori sono stati identificati in Benito Clemente e Antonio Saracino, fedeli luogotenenti del leader Piero Soleti. L'assenza di lotte intestine aveva favorito lo sviluppo di entrambe le attività criminali, consentendo di sostenere economicamente gli affiliati detenuti e le rispettive famiglie.
Tra gli interessi dei San Donaci c'erano anche le armi, reperite dall'East Europa tramite un cittadino slavo di nome Gennaro Hajdari, soprannominato 'Tony Montenegro'. Il gruppo di Cellino San Marco si avvaleva invece dell'operato dei propri luogotenenti Marco Pecoraro e Saverio Elia e di una rete di spacciatori che smerciavano cocaina sia nel centro del paese, sia in quelli limitrofi. L'operazione dei carabinieri ha inferto un duro colpo alla criminalità organizzata brindisina e ha confermato sia la volontà di questi gruppi a operare in armonia e collaborazione senza giungere a scontri, sia il ritorno del rito di affiliazione alla Sacra corona unita, testimoniato dalla conversazione intercettata in un'auto nel maggio 2014. Un affiliato è stato infatti ascoltato mentre cercava di memorizzare la formula che avrebbe dovuto pronunciare nel corso del rituale.