Se venisse confermata una collaborazione da parte dell'equipaggio della nave Iuventa – gestita dalla Ong tedesca Jugend Rettet – con gli scafisti sarebbe un "fatto gravissimo", ma che "nulla ha a che vedere con l'opera di tante Ong, a cui dobbiamo solo essere grati perché salvano tante vite facendo quello che l'Europa non fa. Spero davvero che la questione non metta a repentaglio l'attività delle altre organizzazioni non governative, altrimenti potremmo interpretarlo come un pretesto: non possono essere coinvolte tutte le ong per un atto delittuoso eventualmente commesso da una di loro".
A parlare con LaPresse è don Gianni De Robertis, parroco a Bari e nuovo direttore di Migrantes, il braccio pastorale della Cei che si occupa di rifugiati. Dal primo agosto ha preso il posto di monsignor Gian Carlo Perego, passato a guidare la diocesi di Ferrara-Comacchio.
Per il direttore di Migrantes il "vero scandalo" è che "migliaia di persone muoiono nell'indifferenza totale dell'Europa". "Questa tragedia sta continuando – dice -. C'è da chiedersi perché l'Europa non voglia impedire la morte di tanti innocenti e perché questi innocenti debbano affidarsi a dei delinquenti per potersi salvare. E' gente che fugge dalla morte".
Come giudica l'aver affidato a un Paese come la Libia la gestione tanto delicata del flusso dei migranti dall'Africa all'Europa?
Per la mia piccola esperienza, una cosa che mi ha sempre stupito, parlando con i migranti, è che il tratto di viaggio più atroce per loro non è la traversata del deserto o del mare, ma proprio la permanenza in Libia, dove sono alla mercé di tanti soprusi e tante violenze. Lasciarli in Libia senza garanzia della sorte significa solo non voler vedere il problema, non volerlo risolvere.
Cosa servirebbe fare?
Capire le cause della fuga, che principalmente sono le guerre. Per prima cosa bisognerebbe porre fine al commercio di armi, all'arricchimento indebito, alle ingiustizie e ai divari inaccettabili. Sembra a volte che ci sentiamo a posto semplicemente non vedendo le cose. Invece dobbiamo avere gli occhi molto aperti. Vanno bene i corridoi umanitari, ma serve studiare altre soluzioni. E' impossibile che le Nazioni unite e l'Europa si sottraggano alle responsabilità che sono di tutti.
Come giudica il codice di comportamento elaborato dal Viminale?
Penso che delle regole vadano certamente poste, ma la cosa che lascia perplessi è la fretta. Queste sono regole che andrebbero condivise ascoltando le Ong, parlando con chi lavora in mare, per trovare insieme un compromesso. Ho trovato tutto un po' affrettato, invece abbiamo bisogno di affrontare questo grande dramma con lucidità e non sull'onda dell'emotività, comprendendo come queste persone possano non essere costrette a fuggire e ad affidarsi ai delinquenti.