"Io ero inserito in un gruppo criminale siciliano di cosa nostra che faceva capo a Benedetto Spataro. Il gruppo era attivo nella sfera orientale della Sicilia". Così il collaboratore di giustizia Sebastiano Cassia, sentito oggi nell'aula bunker di Rebibbia, nell'ambito del processo a Mafia Capitale. "Mi viene da vomitare – esordisce – non capisco neanche cosa dice il pm". Poi tra tanti 'non ricordo' e due pause dovute a malessere e nausea, Cassia racconta il rapporto tra Massimo Carminati, l'ex dalla banda della Magliana ritenuto dalla procura il capo del 'mondo di mezzo', e il boss Benedetto Spataro per il quale Cassia lavorava.
"Benedetto Spataro diceva di essere molto amico di Massimo Carminati e che se c'era da fare una cortesia in ambito criminale, tipo menare a qualcuno, la si doveva fare – spiega Cassia – Ad esempio abbiamo trasportato delle armi da Roma in Sicilia. Io curavo la logistica perché conoscevo Roma". Il gruppo capeggiato da Spataro si occupava di "estorsioni, traffico di droga e armi", spiega Cassia secondo il quale i rapporti tra Spataro e Carminati erano iniziati nell'89. Nell'ambito di questa conoscenza si era creato, secondo il racconto di Cassia, "un sodalizio per le armi". "Io stesso in un'occasione ho visto un paio di kalashnikov in casa di Spataro", aggiunge il collaboratore di giustizia. A detta di Cassia, che riferisce ancora quanto raccontato da Spataro, la cosca aveva i suoi riferimenti a Ostia, sul litorale, e a Roma in Massimo Carminati.
Inoltre un detenuto conosciuto in carcere, e definito da Cassia vicino ad ambienti dell'estrema destra, avrebbe raccontato al pentito che proprio Carminati aveva fornito le armi per due rapine in banca. Cassia ricorda poi di aver incontrato Carminati nel carcere di Rebibbia nel 1999, quando entrambi erano detenuti. "Non parlavamo di reati ma di altro", dice Cassia sottolineando che la conoscenza era superficiale "perché io dipendevo da Spataro e non potevo andare da un altro personaggio". "Carminati – aggiunge – non mi ha mai raccontato niente della sua storia. Quello che so l'ho letto sui giornali". E conclude ricordando di avere visto Carminati parlare con il boss Michele Senese in carcere. Cassia non ha saputo collocare temporalmente diversi episodi cui ha fatto riferimento e l'avvocato Bruno Naso, difensore di Massimo Carminati, ha chiesto di poter conoscere, tramite il tribunale, i periodi e le modalità di detenzione di Cassia, Senese e Carminati per poterli confrontare.