Regeni, Roma-il Cairo: indagini parallele e contrarie

Le sevizie e la crudeltà cui è stato sottoposto Giulio fanno pensare che sia stato ucciso da professionisti della tortura

Mentre dal Cairo continuano ad arrivare ipotesi poco verosimili sul movente dell'omicidio di Giulio Regeni, la procura di Roma ha pochi dubbi sul fatto che il giovane sia stato ucciso per motivi legati al suo lavoro di ricerca. Altre ipotesi sul movente, almeno da quanto emerso finora dalla indagini, vengono escluse dalla procura: Giulio faceva una vita piuttosto ritirata, con conoscenze legate all'ambito universitario, e dai primi risultati degli esami tossicologici sul corpo non faceva uso di droga, sostengono gli inquirenti italiani, contraddicendo in tal senso le ultime ipotesi arrivate dal Cairo.
Inoltre "le sevizie e la crudeltà" cui è stato sottoposto Giulio prima di morire, secondo chi indaga, fanno pensare che non sia stato ucciso da 'criminali comuni', ma da persone con tutta probabilità abituate, se non addestrate, alla tortura

Ma se Giulio è stato torturato e ucciso per ciò che studiava perché chi l'ha preso non ha fatto sparire, né manomesso il suo computer? Sono tanti i lati che restano oscuri nella vicenda ma, sull'ipotesi che qualcuno abbia usato quanto studiato da Giulio mettendolo in pericolo, gli inquirenti italiani sostengono che non risultano rapporti del ricercatore friulano con i servizi segreti italiani o stranieri. Nessun elemento, dai primi accertamenti sul pc del giovane, fa pensare che lui raccogliesse informazioni se non per il dottorato, né che queste informazioni venissero usate altrove.

La procura ha attivato da tempo una richiesta di informazioni, e password, alle aziende responsabili dei social network attraverso i quali Giulio teneva i contatti ma finora non sono arrivate risposte ufficiali. Attraverso gli accessi gli inquirenti potrebbero avere ulteriori notizie sulla vita di Giulio e le relazioni che intratteneva in Egitto e altrove. In particolare l'interesse di chi indaga è acquisire i dati relativi ai dispositivi gps collegati al telefono cellulare (mai trovato dopo la scomparsa del giovane ndr) attraverso i social.

I tempi che a Roma ci si era dati per tracciare un primo bilancio delle ricerche fatte sono saltati: il pm Sergio Colaiocco chiede da tre settimane, e per ora senza risultati, i verbali delle testimonianze, il referto dell'autopsia effettuata al Cairo, i dati delle celle telefoniche, i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona nella quale si è mosso Giulio il 25 gennaio prima della scomparsa e gli altri atti del fascicolo aperto dalla procura egiziana. Per ora nulla di tutto ciò è stato trasmesso a Roma e gli unici documenti certi in mano agli inquirenti italiani sul caso restano l'autopsia effettuata all'Istituto di medicina legale de La Sapienza, il cui referto arriverà sul tavolo del pm la prossima settimana, e il pc sul quale continuano gli accertamenti.

La famiglia Regeni, in una nota diffusa dal legale Alessandra Ballerini, "ringrazia tutti i singoli cittadini, rappresentanti delle istituzioni, enti locali e associazioni, che stanno manifestando la loro vicinanza e che da ieri si sono impegnati a mantenere ferma la loro richiesta di verità riguardo all'uccisione del loro figlio Giulio". Verità per Giulio non è solo uno slogan, conclude la nota "ma una imprescindibile istanza di Giustizia per tutti i cittadini".