Milano, 28 dic. (LaPresse) – Perché il meteo torni a dare il suo contributo nella lotta contro le sostanze inquinanti, bisognerà attendere quantomeno il pomeriggio del 30 dicembre. Quando l’alta pressione, diminuendo, consentirà allo smog di “diluirsi” nell’aria. Nel frattempo, però, non si può non pensare anche a lungo termine, ragionando su misure di adattamento che tengano conto del cambiamento climatico ormai avvenuto. Raggiunto telefonicamente da LaPresse nel primo giorno di applicazione delle misure di blocco del traffico su Milano – dove il superamento delle soglie di Pm10 si protrae ormai dal 25 novembre – Andrea Giuliacci, meteorologo del Centro Epson Meteo, offre un quadro di quello che sta accadendo: “Continua a non piovere, la situazione è stabile, con un’alta pressione che rende l’aria stagnante. A cavallo di Capodanno, già a partire dalla seconda parte di mercoledì 30, ci sarà comunque un calo delle temperature. Non avremo una pioggia in grado di pulire l’aria dalle sostanze inquinanti, ma la riduzione dell’alta pressione che schiaccia gli inquinanti verso il basso porterà a una loro diluizione, distribuendoli su uno strato più ampio. In più ci sarà una maggiore ventilazione, che potrebbe risolvere in gran parte la situazione al Sud. Questo porterà anche a un raffreddamento delle temperature, proprio per effetto del vento”.
Giuliacci sottolinea però come non sia tanto la temperatura da due mesi poco sopra la media a dover far riflettere, quanto la costanza con cui il fenomeno si presenta, segnale di un cambiamento climatico ormai avvenuto. “La tendenza ad avere inverni più miti è ormai consolidata – spiega – e vale anche in casi come quello dell’ondata di gelo del febbraio 2012, che fu preceduta da un dicembre e un gennaio più caldi. Il clima in Italia si sta estremizzando, quello che diminuisce è la frequenza di periodi nella norma. Vale anche per le piogge: uno studio del Cnr dimostra che in 130 anni non è cambiata di molto la quantità di pioggia. Ma è cambiato il modo in cui piove: sono diminuiti i giorni piovosi, è diminuita la pioggia moderata”.
Piove meno spesso, insomma, ma con maggiore intensità. Dal punto di vista dell’inquinamento, le misure da mettere in campo possono essere allora di tre tipi: d’emergenza, di mitigazione e di adattamento. Quelle di emergenza, come il blocco del traffico di oggi, secondo Giuliacci “hanno senso perché permettono di non aggravare la situazione e limitare i danni” in momenti particolarmente difficili. Quelle di mitigazione, invece, possono essere utili a non compromettere ulteriormente una situazione già segnata da un cambio del clima che è un dato di fatto. “Per tornare ai livelli pre-industriali – evidenzia il meteorologo -, servirebbero comunque 1.000-2.000 anni”. Le misure più importanti, allora, non possono che essere quelle di adattamento: “Dobbiamo ripensare le città in modo da poter sopportare ondate di caldo, nubifragi e lunghi periodi siccitosi”. Tutti fenomeni la cui frequenza è andata aumentando.
“La corretta collocazione delle aree verdi e l’utilizzo di materiali adatti possono contribuire – conclude Giuliacci – così come un ripensamento nel modo in cui ci muoviamo, con un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici e delle auto elettriche, che hanno il vantaggio di ridurre le sostanze inquinanti che respiriamo al momento”.
Consci del fatto che un inverno come quello che ha portato alle stelle il livello di smog, dal punto di vista meteo, non dovrebbe diventare subito la norma. Ma, avverte ancora Giuliacci, “potrebbe comunque ripresentarsi ogni 5-10 anni”.
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