Roma, 21 dic. (LaPresse) – Utilizzavano frequenze riservate al ministero della Difesa attraverso radiocollari applicati su cani da caccia. Per questo tre persone sono state denunciate dalla polizia che ha sequestrato nove ‘collari’. Gli indagati, tre persone residenti nella provincia di Imperia,sono accusati di installazione di apparecchiature atte ad intercettare o impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche, e dovranno pagare anche una sanzione di 7.500 euro.
La polizia postale li ha individuati durante i controlli sull’utilizzo abusivo di frequenze riservate. I radio collari erano stati applicati ai cani durante alcune battute di caccia al cinghiale nelle zone montane della provincia. A tal proposito, Giorgio Bacilieri, dirigente della polizia postale ligure, ha precisato in una nota che “l’utilizzo di frequenze riservate al ministero della Difesa può causare seri problemi di interferenza nelle comunicazioni radio e dati militari che in questo delicato momento devono poter operare al massimo delle loro potenzialità”.
Durante i controlli gli agenti hanno sequestrato i nove collari per cani e tre apparecchiature palmari di controllo che utilizzavano le frequenze riservate.
Dai controlli è emerso anche che alcuni dei cani da caccia erano privi dei previsti microchip.
E’ stata avviata un’indagine parallela sul commercio illecito di cani, spesso costretti a crudeli maltrattamenti come l’asportazione cruenta del microchip identificativo. “Un tale dispiegamento di tecnologia, – commenta la Lav, Lega anti vivisezione – in grado di operare persino su frequenze riservate alle comunicazioni militari, è indicativo del business che si cela dietro alle battute di caccia al cinghiale. Accade spesso, infatti, che le carni degli animali, prive delle certificazioni imposte dalle norme sanitarie ed in spregio alla normativa nazionale sulla tutela della fauna selvatica, siano vendute ‘in nero’ dai cacciatori ad operatori della ristorazione senza scrupoli, con grave rischio per la salute dei cittadini e di quella stessa degli animali che hanno subito l’estrazione dei chip identificativi innestati sotto pelle”.