di Maria Elena Ribezzo
Città del Vaticano, 17 dic. (LaPresse) – “L’Europa si infiamma con i conflitti religiosi e oggi il fatto che due religioni di questa importanza storica dialoghino così pubblicamente e con un rapporto di rispetto, penso sia un grande messaggio per tutti”. Lo dice a LaPresse il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, a quasi un mese dalla prima vista di Papa Francesco nella Sinagoga della più grande comunità ebraica d’Italia, “la visita – dice – arriva al momento giusto”.
Il Papa era stato invitato già in passato. Sarebbe dovuto arrivare prima?
Non è in ritardo. Queste cose devono avere il loro corso naturale, senza spinte. In qualunque momento avesse deciso di venire in visita, sarebbe stato comunque sempre il benvenuto. Non c’era fretta. Oggi invece c’è urgenza, direi che la visita arriva al momento esatto: il momento in cui l’Europa è dilaniata dai conflitti religiosi.
Partiamo dall’ultimo documento frutto del dialogo cattolico-ebraico, si chiama ‘Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili’ ed è stato presentato in Vaticano dalla commissione della Santa Sede per il dialogo con l’Ebraismo il 10 dicembre. Che ne pensa?
E’ un documento molto importante perché a 50 anni dalla Nostra Aetate rappresenta una sintesi insostituibile dei progressi fatti in questi anni. E’ il punto di partenza sul quale dobbiamo ragionare adesso. Trattandosi di un documento teologico non sintetico, ma di qualcosa di molto succoso e complesso nella struttura, bisogna studiarlo bene per capire quali sono le problematiche. Mi sono riservato una pausa di riflessione attenta su questo.
Spicca tra i punti, oggi più che mai, la lotta comune all’antisemitismo strisciante che ravvisiamo ancora in diversi contesti.
L’antisemitismo, mi dispiace contraddirla, non è affatto strisciante. Quando la Chiesa parla di antisemitismo, la nostra domanda è ‘Cosa intendete voi per antisemitismo’. Perché c’è un’ostilità nei confronti dell’ebraismo, della sua cultura e religione, che si manifesta in tanti modi differenti. La persecuzione razziale antiebraica del secolo scorso indicava un odio di tipo razziale nei confronti degli ebrei. Però, settant’anni fa, non veniva condannato uno spirito ostile contro quello che veniva chiamato il ‘giudaismo’. Ci sono tanti modi per essere ostili all’ebraismo: c’è la parte razziale, c’è quella specificatamente religiosa, che ciascuna religione elabora a modo suo (c’è un antigiudaismo islamico molto forte, così come uno storico antigiudaismo cristiano, che questo documento ridimentiona e combatte fino a un certo punto, perché ci sono limiti teologici), poi c’è la parte politica: oggi gran parte dell’ostilità nei confronti degli ebrei passa attraverso lo Stato di Israele. E’ diventato il simbolo delle cose negative. Non basta dire ‘Io non ce l’ho con gli ebrei, ce l’ho con lo stato d’Israele e con la sua politica’. Sono questioni molto più complesse.
Quando parla di ostilità cattoliche non superate, cosa intende?
In questo caso piuttosto che di ostilità è meglio dire che si tratta di sottolineature di differenze. Ebraismo e cattolicesimo sono due religioni differenti, anche se hanno molto in comune. Però nel momento in cui si esprimono queste differenze e si cerca di capire cos’è l’altro sulla base del mio punto di vista, a questo punto emergono delle cose che possono essere accettabili o non accettabili dall’altro.
Che segno è quello dell’apertura di un Giubileo in occasione dei 50 anni dalla chiusura dei lavori del Concilio Vaticano II?
Il Giubileo è un evento completamente cristiano, che noi guardiamo con interesse e attenzione. Il fatto che sia dedicato al tema della misericordia ci fa assolutamente piacere. Perché alcune religioni in questo momento si vestono con dei panni di assoluta ferocia e il fatto che si parli di misericordia è cosa buona.
A che punto siamo con il dialogo interreligioso?
Bisogna vedere di quali religioni si parla. Ci sono tante religioni diverse e ognuna si rapporta all’altra sulla base di una esperienza di fede, di cultura e di accidenti politici. Ci sono tanti dialoghi interreligiosi. Se le persone che si identificano in base alla religione parlano tra loro, questo non può che essere una cosa positiva.
Durante la presentazione del documento è stata sollevata la questione della figura di Pio XII. Papa Francesco sembra intenzionato ad aprire gli archivi relativi al pontificato di Pacelli, per chiarire la sua posizione negli anni dello sterminio ebraico, prima di proseguire con il processo di canonizzazione. Che ne pensa?
Ci sono centinaia di migliaia di documenti che vanno studiati con attenzione. Questo darà la possibilità di disegnare un quadro un po’ più completo della situazione. Il giudizio non è tranciante, di condanna o di approvazione. E’ molto elaborato e per il momento molto dubbio. Si tratta di una storia che divide, ma non divide i cristiani dagli ebrei, divide anche gli ebrei dagli ebrei e i cristiani dai cristiani: è una storia molto controversa e purtroppo anche molto dolorosa.
Papa Francesco ha detto più volte pubblicamente che un cristiano non può mai essere antisemita in ragione delle sue radici.
Sono lieto che lo ribadisca. Ma comunque lo diceva già Pio XI. E’ un punto che deve essere ribadito.