di Maria Elena Ribezzo
Roma, 9 dic. (LaPresse) – Un nuovo naufragio nel Mediterraneo, al largo dell’isola greca Farmakonisi, ha portato ad altre 11 morti, tra cui 5 bambini, e a 13 dispersi. Una strage che è “un’accusa forte all’operazione europea Triton”, dice a LaPresse monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Cei.
D. Avrebbe avuto più senso conservare dunque Mare Nostrum?
R. “I numeri parlano. Triton è un’operazione che, di fatto, arretra il salvataggio rispetto alle morti libiche e ha portato a questo aumento del 50% delle morti in mare. Mare Nostrum aveva un duplice valore: da una parte il salvataggio delle persone, dall’altra la lotta ai trafficanti di esseri umani. Anche perché negli ultimi mesi le carrette del mare sono ancora più precarie ed è più facile che, dopo poche miglia, queste barche affondino.
D Quale soluzione propone Migrantes?
R La soluzione è quella che già da tempo le diverse organizzazioni propongono: la creazione di canali umanitari. Sappiamo chi parte, chi fugge e da dove. Creare canali umanitari significa mettere al sicuro questi viaggi, non sprecare le grandissime risorse di queste persone che si mettono in viaggio, che vanno nelle tasche dei trafficanti e non sono investite in attività temporanee in altri Paesi che li ospitano o che offrono loro asilo. Credo che i canali umanitari siano davvero la risposta in questo momento, in cui, dopo una guerra che di fatto è scoppiata, il numero di persone che partirà dalla Siria sarà notevolmente più alto.
D. La Chiesa può fare da ponte, considerando che l’accoglienza nelle diocesi, così come proposto da Papa Francesco il 6 settembre, prosegue?
R. I canali umanitari sono già stati sperimentati dalla comunità di Sant’Egidio e dalla comunità Papa Giovanni XXIII, che operano in questa direzione. Poi, la disponibilità delle comunità ecclesiali si è dimostrata e dopo l’appello del 6 settembre è aumentata: è un fatto che una persona su 4, dei 100mila arrivati in Italia, è accolta dalle nostre comunità ecclesiali.
D. Cosa dobbiamo temere per i migranti dopo l’ascesa di forze di estrema destra in diversi Paesi occidentali?
R. I segnali politici, sociali e culturali di chiusura sono gravemente preoccupanti, perché preparano una stagione di conflittualità e morte. Abbiamo sempre visto che tutte le volte che nella storia del ‘900 è cresciuta una reazione in questo senso, ha avuto come conseguenza guerre e morti. I segnali, che non sono semplicemente politici, ma sono soprattutto culturali, ad incitare conflittualità a partire da un’identità non chiara, alla guerra e alla chiusura sono preoccupanti per il benessere e la sicurezza di tutta l’Europa.