L’imam: Contro l’estremismo formazione arabo-occidentale

Di Laura Carcano

Roma, 24 nov. (LaPresse) – Formare gli imam nelle università, con collaborazioni tra Paesi europei e arabi, ed evitare evitare così la deriva radicale. E’ l’idea alla base di un recente progetto tra Francia e Marocco. A spiegarlo a LaPresse è l’imam Yahya Sergio Yahe Pallacini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis).

“C’è un recente progetto firmato dal governo francese e dal governo marocchino – racconta Pallavicini – che io ritengo molto interessante. Il governo del Marocco ha aperto una università per la formazione degli imam da un punto di vista esclusivamente teologico. Il governo marocchino è disponibile a fare la formazione di candidati imam e di referenti religiosi, anche donne, nelle sue accademie, per poi passare a una declinazione da un punto di vista sociologico in Francia, nelle Università francesi. Questo per formare gli imam destinati a predicare oltralpe. E’ un bel progetto di abbinamento culturale, perché la formazione teologica viene fatta da personale competente e poi si completa con quella sociologica per inserirsi nel contesto francese”.

“La sfida – prosegue l’imam – è collegare la trasmissione dell’insegnamento religioso nel modo più autentico, non fondamentalista e non politico o nazionalista e, dall’altro lato, riuscire a declinarlo nel contesto sociale dove viviamo. Fra Francia e Italia ad esempio il concetto di laicita è diverso e un imam francese deve prenderlo in considerazione”.

Proprio dalla Francia, Paese ancora sotto choc per l’ultima strage del terrorismo jihadista a Parigi, nei giorni successivi all’attentato il sociologo francese Michel Maffesoli, intervistato da LaPresse, ha lanciato la proposta di allargare la collaborazione accademica Europa-Medioriente. Per Maffesoli, ex professore di sociologia all’università Sorbona, e amministratore del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) l’intervento dello Stato francese nella formazione delle guide religiose musulmane e degli imam francesi attraverso una collaborazione fra università francesi e Paesi arabi può contribuire a “evitare che a finanziare la preparazione siano Saudita e Qatar ad esempio o da altri Stati, che possono favorire degli imam estremisti”.

“E’ una idea interessante”, dice Pallavicini che sottolinea: “Bisogna condannare, come abbiamo fatto a Roma con la manifestazione ‘Not in my name’, la violenza criminale degli ultimi attentati a Parigi, che ha fatto inorridire i musulmani e tutte le persone di buon senso di qualsiasi religione”. Per Pallavicini “è stata storpiata la nostra identità religiosa, messa in ostaggio per una logica criminale che non appartiene alle radici di nessuna religione”.

“L’Isis – sottolinea ancora Pallacini – sembra avere una capacità di suggestione e manipolazione delle coscienze di alcuni giovani con tecniche di comunicazioni diverse in occidente e in medioriente. Ai giovani occidentali si fa credere che si può giocare all’avventura della guerra e che ci sia una causa giusta per la liberazione di non si sa quale territorio e per spingerli a una violenza folle. Come teologi musulmani dobbiamo dire di non dare ascolto a questi manipolatori che fanno il lavaggio del cervello ai giovani, creando suggestioni che generano solo violenza e malessere individuale”.