Intervista di Maria Elena Ribezzo
Città del Vaticano, 7 nov. (LaPresse) – “Certi privilegi, che in passato non facevano scandalo, non sono più accettabili”. Sugli sperperi in Vaticano, di nuovo al centro del mirino dopo la pubblicazione dei libri di Pierluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, parla con LaPresse don Giovanni Cereti, prete teologo illuminato. Si batte dagli anni ’70 per l’eucarestia ai divorziati, promuove l’abolizione del celibato e il ministero per le donne. A Roma è rettore della chiesa di San Giovanni Battista dei Genovesi, nel quartiere popolare di Trastevere.
Sulle mega abitazioni dei cardinali, ciò che fa più scandalo, per don Cereti, è che quelle metrature siano giustificate dal fatto che i presuli vivano sempre con una corte di suore: “Molto spesso – dice – ci sono 3 o 4 religiose che vivono nell’appartamento per coadiuvare il cardinale. Sono persone che hanno rinunciato alla loro vita per servire il Signore e che quando vengono messe al servizio dell’uno o dell’altro vescovo o cardinale sono molto sacrificate. Oggi una religiosa dovrebbe avere altri ruoli nel servizio ecclesiale, dovrebbe studiare teologia, prepararsi anche a un ministero e non fare né la segretaria né la colf del cardinale. E’ questo che trovo meno giusto”.
D. Gli immobili del Vaticano sono migliaia, moltissimi sono fuori dalle mura leonine. Non si potrebbe utilizzarli per l’accoglienza dei migranti promossa dal Papa? R. In favore dei migranti ci sono innumerevoli iniziative ecclesiali: ho visitato una parrocchia a Siracusa, ad esempio, dove mi si diceva che nel giro di 10 anni sono stati accolti e poi smistati 18mila migranti arrivati in Sicilia. L’intervento della Chiesa c’è, ma non può supplire le istituzioni. Del problema dei migranti si deve far carico la società civile, perché il problema non può essere risolto sul piano della carità.
D. Il Papa ha tuonato a qualche giorno di distanza contro uno stile di vita faraonico intrapreso da alcuni alti prelati e ha fatto richiamo perché si riparta dalla missione evangelica. Siamo a un capovolgimento del sistema? R. C’è davvero un capovolgimento, che Papa Francesco ha ricordato in modo speciale nel discorso per i 50 anni del sinodo dei vescovi. La chiesa non deve essere una piramide in cui al vertice c’è il Papa, poi i vescovi, poi i preti, poi i laici. Lui ha parlato di una piramide rovesciata: la cosa più importante è l’insieme del popolo di Dio. Non si parte più dalla Santa Sede, dal Vaticano, dal Papa, ma si deve partire dalle Chiese locali per arrivare alla Chiesa universale. Ci sembra strano, perché siamo abituati a pensare sempre al Vaticano come centro di tutto, ma la forza della Chiesa è nelle chiese locali.
D. Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, ha detto che nell’opera di riforma della Chiesa il Santo Padre non è solo, i vescovi sono accanto a lui. E’ vero secondo lei? R. L’episcopato italiano partecipa di questo cammino di rinnovamento. Ma è anzitutto il vescovo di Roma che valorizza certi vescovi che hanno avuto un atteggiamento di maggior servizio e apertura agli altri, scelti per il collegio cardinalizio. Pensiamo alle nomine di monsignor Zuppi a Bologna e monsignor Lorefice a Palermo: questo mostra che il Papa per primo è orientato a scegliere come vescovi persone che vivono il ministero con grande spirito di sacrificio e senza badare al proprio interesse.
D. La fuga di notizie ha portato a due arresti. Non le sembra una ‘abnormità’, come l’ha definita Nuzzi, uno degli autori? R. Se queste persone hanno agito sottraendo dei documenti per farli uscire dal Vaticano, venendo meno a giuramenti di fedeltà, compiendo un autentico furto, certamente è reprensibile anche sul piano della giustizia. Ci deve essere una pena proporzionata al male fatto. Anche se a volte, come dice il Vangelo, ‘Oportat ut eveniant scandala’: è necessario che avvengano gli scandali perché da un male può nascere un bene, come una presa di coscienza. Dio scrive dritto anche con le righe storte.