Milano, 3 nov. (LaPresse) – Un “clone” del programma di sorveglianza Galileo, prodotto dalla società milanese Hacking Team, potrebbe essere finito anche nelle mani di gruppi jihadisti. È questa una delle piste che sta valutando il pm Alessandro Gobbis, titolare dell’inchiesta sull’intrusione informatica ai danni della società fondata da David Vincenzetti. Il 20 novembre 2014, infatti, sul conto corrente della Mala Srl, società fondata dai due ex dipendenti di HT Mostapha Maann e Guido Landi (indagati per accesso informatico abusivo e rivelazione di segreto scientifico o industriale) è arrivato un bonifico da 300 mila euro. A fare il versamento è stata la società saudita Saudi Technology Development Inv., che come causale ha indicato “formazione professionale”.
PERQUISIZIONI DELLA POLIZIA POSTALE -. Attività che la società torinese, dove sono in corso perquisizioni da parte della polizia postale, non avrebbe mai eseguito. Tre le ipotesi al vaglio del pm Gobbis: che un “clone” del celebre spyweare sia stato creato e venduto dalla Mala Srl a una società vicina la governo saudita o ad un gruppo di militari del Paese arabo, interessati a svolgere attività di polizia, o che sia stato comprato da un gruppo di jihadisti, interessati a neutralizzare al sorveglianza nei loro confronti e a metter in atto a loro volta attività di controllo. Per il momento, però, la Procura di Milano non ha ancora chiarito chi siano effettivamente i soci della società saudita.
RESTA TUTTO DA CHIARIRE -. Tutta da chiarire, anche, la pista che porta ai mandanti dell’attacco informatico ai danni dell’Hacking Team, avvenuto nella notte tra il 6 e il 7 luglio scorso. Le indagini stanno cercando di risalire, con la collaborazione di diversi governi e organizzazioni, a chi abbia svelato per primo il codice sorgente di Galileo e postato sul web, tramite un file torrent, documenti riservati, email, contabilità e liste clienti della società di Vincenzetti, per poi rivendicare l’attacco su Twitter.
In foto la pagina internet del sito Hackingteam.it