Cosenza, carabinieri: Cocò ucciso perché avrebbe riconosciuto killer

Cosenza, 12 ott. (LaPresse) – “Per due giorni dalla scomparsa abbiamo cercato di ritrovare il piccolo, il nonno e la ragazza marocchina. Poi dei cacciatori ci hanno segnalato l’auto con i cadaveri carbonizzati. Da allora sono partite le indagini e non ci siamo mai fermati, neanche un secondo. Abbiamo cercato di non tralasciare nessun aspetto ma da subito è stato chiaro che chi aveva ucciso il piccolo Cocò faceva parte dell’entourage del nonno”. A ricostruire le fasi che hanno portato a due arresti per l’omicidio di Nicola Capolongo, Giuseppe Iannicelli e della 26enne Touss Ibtissam, è il colonnello Giuseppe Brancati del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza, che ha guidato le indagini. Secondo quanto accertato dagli investigatori il nonno, noto spacciatore, si riforniva di droga da esponenti della cosca degli ‘Zingari’ e, da quando era uscito dal carcere, aveva provato a ritagliarsi maggiori spazi e ad estendere i suoi traffici illeciti.

I due arrestati sono persone che erano legate a Iannicelli e che si occupavano dello spaccio ma prendevano la droga in ‘conto vendita‘ e non lo avevano pagato. In questo contesto è nato il delitto, anche perché i due killer si stavano avvicinando alla cosca degli ‘Zingari’ tradendo, quindi, Iannicelli. “L’omicidio del bimbo – spiega ancora il colonnello – è stato un ‘dolo eventuale’. I due sapevano che il nonno andava sempre in giro con il nipote e la ragazza e che quindi c’era l’alta possibilità di trovarlo in loro compagnia. Inoltre Cocò era stato alcune volte anche a casa degli arrestati e li conosceva bene”. Per i carabinieri, infatti, il piccolo è stato ucciso perché temevano li avrebbe riconosciuti nonostante l’età, proprio perché cresciuto in un contesto difficile con moltissimi familiari in carcere. Inoltre le due sorelle del bimbo sono state sottratte alla madre e portate in una località protetta.

Cosimo Donato e Faustino Campilongo al momento della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare erano già in carcere perché arrestati dai carabinieri di Castrovillari per estorsione proprio perché, sotto la cosca degli ‘Zingari’ avevano provato ad espandere i propri traffici.