Piacenza, arrestato latitante da 15 anni, nel 1999 uccise una giovane

Piacenza, 18 ago. (LaPresse) – E’ stato arrestato Erjon Sejdiraj, ricercato da quindici anni, assassino e capo della banda che uccise nel dicembre 1999 a Mortizza di Piacenza Betty Ponce Ramirez, giovane ‘lucciola’ ecuadoriana. Si trovava in Belgio dove, sotto falso nome, si era fatto una nuova vita. “Il suo arresto è un risultato – spiegano in una nota i carabinieri di Piacenza – raggiunto grazie agli sforzi congiunti delle polizie di diversi Paesi che, coordinate dal Servizio per la cooperazione internazionale, sono riuscite a stringere il cerchio sul fuggiasco, inserito nell’elenco dei Lp – Latitanti pericolosi dal ministero dell’Interno italiano”.

Già nel 2010 gli inquirenti avevano ricostruito i fatti del 1999 quando Erjon Sejdiraj, spalleggiato da due connazionali, ha rapito, seviziato, ucciso e occultato il cadavere di una giovane prostituta al solo scopo di affermare il suo dominio sulle altre bande di sfruttatori. Al tempo la vicenda, per lo spessore criminale e la spietatezza con cui la giovane donna era stata uccisa, aveva sconvolto l’opinione pubblica, destando timori in città. Nel corso degli anni il processo si è svolto in contumacia, terminato con la condanna di Sejdiraj all’ergastolo e a 23 anni di carcere i due gregari: il primo ad essere arrestato nel 2006 è stato Robert Ziu, oggi detenuto nel carcere di Velletri (Roma), mentre Fatmir Vangjelai è tutt’ora ricercato.

Il delitto, spiegano i poliziotti, è maturato in un contesto di guerra per la supremazia tra bande. Durante l’investigazione per la cattura del latitante i carabinieri di Piacenza hanno ripercorso quindici anni di latitanza, passando per alcune città italiane e in Albania, terra d’origine del fuggiasco, per poi concentrarsi su alcuni congiunti dello stesso residenti in provincia di Ferrara e localizzarlo in Belgio. Il Sejdiraj aveva iniziato una nuova vita sotto falso nome, cittadino belga, sposato con tre figli, facendo perdere le proprie tracce. Ma, una volta localizzato dalle forze dell’ordine, è stato inchiodato dalle impronte digitali e dalle fotografie dei cartellini segnaletici.