Roma, 9 ago. (LaPresse) – Il Nord d’Italia è a secco dopo che a luglio sono cadute il 68% in meno di precipitazioni, utili ad alimentare le riserve idriche ma solo se avviene in modo costante e duraturo nel tempo. I forti temporali, invece, soprattutto se si manifestano con precipitazioni intense e grandine, provocano danni gravissimi alle colture in campo in questa fase stagionale. È quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Ucea nel commentare positivamente l’arrivo del maltempo nel centro nord dove si registra la situazione più critica.

“I grandi laghi del Nord sono tutti ben al sotto le medie stagionali del periodo con la percentuale di riempimento che – rileva la Coldiretti – va dal 12% per il lago di Como al 13% per il lago di Iseo, dal 31% per quello Maggiore al 34% per il lago di Garda. Lo stresso livello idrometrico del fiume Po è sceso per effetto del mese di gran caldo. Nelle campagne si contano pesanti danni per effetto della siccità con le temperature record che stanno letteralmente ‘bruciando’ gli ortaggi e la frutta come i meloni così come sono in grandi difficoltà le coltivazioni di mais necessarie per l’alimentazione degli animali che hanno bisogno di una adeguata irrigazione e per le quali si prospetta un crollo dei raccolti”.

I problemi – continua la Coldiretti – riguardano anche il pomodoro da conserva con lessature e scottature ed un forte calo delle quantità prodotte in alcune zone. Non va meglio per l’allevamento perché – rileva l’associazione – le mucche arrivano a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi più freschi ed a causa dello stress producono in media a livello nazionale il 10-15%in meno di latte, un calo che significa una perdita di 100 milioni di litri di latte in un mese. In difficoltà è in realtà l’intera fattoria Italia e anche nei pollai si è sta registrando un calo fra il 5 al 10% nella deposizione delle uova mentre per i maiali sono stati accesi i condizionatori per evitare che le temperature sfondino la soglia dei 28 gradi oltre la quale gli animali cominciano a soffrire e a mangiare fino al 40% in meno della razione giornaliera di 3,5 kg di mangime, e in questo modo non crescono.

Il caldo africano non risparmia la pesca con una vera e propria strage di vongole, cozze, orate, anguille, cefali e saraghi causata dalle alte temperature dell’acqua che sta mettendo in ginocchio interi settori produttivi chiave lungo tutta la Penisola. L’afa eccezionale ha determinato un innalzamento delle temperature dei mari fino a valori che nelle acque vicino alla costa hanno raggiunto i 35 gradi portando alla fermentazione delle alghe che priva l’acqua di ossigeno portando alla moria di pesci e molluschi, con perdite fino al 40% del prodotto presente negli impianti. Un problema che si avverte in particolare nelle aree lagunari, dall’Emilia Romagna al Veneto e del Friuli Venezia Giulia fino alla Toscana, dove si sviluppano le attività di pesca e acquacoltura – conclude Coldiretti – e che sta mettendo a rischio la sopravvivenza di centinaia di imprese con migliaia di addetti, tanto che è stato chiesto lo stato di calamità.

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