Torino, 3 ago. (LaPresse) – Ventidue anni di latitanza. Matteo Messina Denaro, soprannominato ‘U siccu’ (il magro) per la sua costituzione fisica, è quello che si può definire un boss inafferrabile. Ritenuto il vero capo di Cosa Nostra, condannato all’ergastolo per le stragi che hanno insanguinato Roma, Milano e Firenze nel 1993, è considerato l’uomo che ha riorganizzato la mafia dopo gli arresti di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Nato nel 1962 a Castelvetrano, in provincia di Trapani, ha iniziato la sua carriera criminale favorito dalla presenza in famiglia del papà Francesco Messina Denaro, già capo del mandamento di Castelvetrano.
Successivamente ha preso attivamente parte ad operazioni mafiose come l’attentato a Maurizio Costanzo ed era stato scelto per eliminare il giudice Giovanni Falcone. Nel 1998 ha assunto il controllo dell’intera provincia di Trapani conquistando una sfera di influenza sempre maggiore arrivando a firmarsi come ‘Alessio’ nei pizzini scambiati con Provenzano con cui si era formato un sodalizio molto solido. Tanto da diventare, secondo gli investigatori anti-mafia, il punto di riferimento di Cosa Nostra. Le sue ultime immagini risalgono agli anni Novanta: per questo gli investigatori hanno dovuto preparare e aggiornare gli identikit che potrebbero portare al suo arresto.