Di Mauro Ravarino
Torino, 3 ago. (LaPresse) – Benestante, libero professionista, bianco e di mezza età. Come prede preferisce i cosiddetti ‘big five’: elefanti, rinoceronti, leopardi, bufali e leoni. Soprattutto questi ultimi. Da cacciare in mezzo alla savana. Ecco l’identikit del cacciatore internazionale. Il dentista del Minnesota, Walter Palmer, e il medico chirurgo di Pittsburgh, Jan Casimir Seski, finiti nell’occhio del ciclone per aver ucciso illegalmente due felini nello Zimbabwe (tra cui Cecil, il leone dalla criniera nera simbolo del paese africano), rientrano perfettamente nel cliché dell’international hunter, l’appassionato di turismo venatorio.
UNA PASSIONE COSTOSA. Un fenomeno non così secondario. Dal 1999 al 2008 sono stati esportati legalmente dallo Zimbabwe 2.043 esemplari, secondo il rapporto Cites (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatiche minacciate di estinzione), di cui 871 come trofei di caccia. La loro è una passione che costa molto: per un safari a caccia di leoni in Africa 60mila dollari non bastano, ne servono almeno 70mila. Lo rivelano a LaPresse alcuni organizzatori di battute di caccia all’estero (soggiorni di lusso in Sudafrica, Namibia o Tanzania), che preferiscono mantenere l’anonimato, perché – spiegano – vittime di minacce di animalisti inferociti “che ci telefonano e ci insultano”.
OBIETTIVO ‘TROFEO’. Il leone africano è presente in 31 Paesi del continente nero. “La popolazione è ancora florida, da 23mila a 39mila esemplari, ma sempre più a rischio”, precisa Fabrizio Bulgarini, responsabile biodiversità del Wwf. L’obiettivo finale del turismo venatorio è l’animale selvatico come ‘trofeo’: teste imbalsamate, pelli, corna, conservate in ricordo di battute di caccia grossa.
RUSSI E ARABI I PIU’ APPASSIONATI. Sono cinque i Paesi che detengono il record di importazione di ‘trofei’; in testa, con un vantaggio irraggiungibile, ci sono gli Stati Uniti che, tra il 2000 e il 2008, hanno importato dall’Africa 2766 ‘trofei’ di leoni. Seconda la Spagna 424, seguita da Francia 391, Messico 180 e Germania 154.
“I Paesi di provenienza dei cacciatori stanno, però, cambiando; ora dopo gli americani i principali sono russi e arabi, che hanno liquidità sufficienti per safari costosi”, racconta un medico odontoiatra che organizza viaggi in Sudafrica. “Non sono un tour operator – dice – mi interfaccio con amici professionisti sudafricani per predisporre safari nel rispetto di leggi e regolamenti nazionali e internazionali. La maggior parte del costo riguarda tasse governative che vengono reinvestite dagli Stati nell’antibracconaggio. L’imposta abbattimento di un leone adulto maschio è di circa 10 mila dollari”.
“Nei safari in Africa si possono cacciare – sottolinea un videomaker che partecipa alle battute internazionali – quasi tutte le specie animali, dalle antilopi all’elefante, escludendo il rinoceronte. Chi ci critica e vorrebbe vietare la caccia, non sa che in Kenya, dove sono in vigore divieti, è aumentato il bracconaggio. E il mercato nero dell’avorio cresce”. Sul caso Zimbambwe sostiene che “se è stato un atto di bracconaggio va punito”. Più scettico, invece, il medico odontoiatra che organizza tour in Sudafrica: “E’ una montatura”.
IL FENOMENTO IN ITALIA. In Italia, esistono privati e agenzie che offrono safari e battute di caccia in terra straniera. International Safaris Corp sul suo sito propone pacchetti in base a giorni, Paesi e animali (leopardo, antilopi, leone e leonessa, bufali), con tariffe che vanno, per il Sudafrica da 9 a 34 mila dollari; le tariffe non comprendono voli, vitto, alloggio, né la spedizione del trofeo.
Il turismo venatorio internazionale riguarda “cinquantamila nostri connazionali, che ogni anno vanno all’estero con le doppiette”, sottolinea Bulgarini del Wwf, soprattutto nell’Est Europa, Albania e Romania. “Vanno dove hanno meno divieti, ammazzando animali senza scrupoli. In Albania, terra di conquista delle doppiette italiane, il ministro dell’Ambiente è stato costretto a una moratoria”, spiega Annamaria Procacci, consigliere dell’Enpa (Ente protezione animali) ed ex senatrice dei Verdi.
IL RISCHIO ILLEGALITA’. “Il turismo venatorio è sul filo dell’illegalità. C’è bisogno di un’azione internazionale per contrastarlo, perché sta mettendo a rischio la sopravvivenza degli animali selvatici. Il traffico illegale di animali ha un volume d’affari pari a quello di armi e droga. Fortunatamente, ci sono casi virtuosi, che contrastano il turismo venatorio internazionale. Alcune compagnie aeree hanno bandito ogni trofeo di caccia. Sono la South African Airways e la Emirates Airlines”. Anche nel Parlamento italiano qualcosa si sta muovendo: “La senatrice Loredana De Petris di Sel – conclude Procacci – ha presentato una interrogazione sul turismo venatorio e sul massacro di biodiversità che sta causando. Ma finora non ha ottenuto risposta”.