di Elisa Barberis
Torino, 28 lug. (LaPresse) – Accesso alla Rete, Net neutrality, privacy e social network: sono questi i punti principali della ‘Carta dei diritti di Internet’ che oggi sarà ufficialmente approvata alla Camera dei Deputati (ore 12, Sala del Mappamondo di Palazzo Montecitorio) alla presenza della presidente Laura Boldrini e di Stefano Rodotà, che per primo lanciò l’idea nel 2005 in occasione del World Summit on Information Society dell’Onu. Una sorta di Costituzione per chi naviga sul Web, che assicuri nuove regole per proteggere un sistema che in futuro dovrà essere sempre più “aperto e democratico”. A sostenerlo è il professore ed editorialista della ‘Stampa’ Juan Carlos De Martin, docente di Informatica del Politecnico di Torino, dove ha fondato e dirige il Centro Nexa su Internet e Società, e membro della commissione di esperti e parlamentari che ha elaborato il testo. “Internet – spiega – ci obbliga a ripensare in ottica digitale i diritti esistenti, uno su tutti quello della libertà di espressione. Ma pone interrogativi anche sulla tutela di nuovi diritti, in primo luogo quello di accedere alla Rete. Potrebbe sembrare ovvio, ma così non è: oggi, chi non gode di questo privilegio, è un cittadino di serie B, escluso dal progresso culturale, impossibilitato a far sentire la propria voce”.
Quella italiana è la prima vera proposta proveniente da un organo parlamentare. La Boldrini si è spesa in prima persona per concretizzarla: sono seguiti mesi di consultazioni e decine di audizioni, prima della presentazione della versione definitiva. Qual è l’obiettivo della Carta?
Innanzitutto bisogna chiarire che non si tratta di una legge e neanche di una proposta di legge, ma di una dichiarazione che aspira ad essere il primo passo verso una ‘Magna Charta’ del Web come auspicato dal fondatore di Internet Tim Berners-Lee. I temi che abbiamo considerato sono i più vari: dalla tutela dei dati personali, che devono essere raccolti e conservati secondo criteri e limiti ben precisi, al corretto utilizzo delle piattaforme sociali come Facebook e Twitter, sui cui tutti noi siamo ormai a miliardi. Quando entrano a far parte in modo così profondo del nostro vivere quotidiano, è necessario che siano ben chiare sia le responsabilità dei gestori, sia i diritti degli utenti. Ad esempio, al primo accesso siamo obbligati ad accettare termini d’uso, spesso molto lunghi, scritti in linguaggio legale e modificabili a discrezioni del sito. Il risultato è che nessuno li legge o è in grado di capirli. Un’altra questione è quella dell’interoperabilità: ognuno di noi si porta dietro un vastissimo bagaglio fatto di migliaia di status, foto, tweet e video, difficilmente trasferibili da un social network a un altro: un ostacolo pratico ora quasi insormontabile, che in futuro dovrà essere eliminato, anche per rendere il mercato più competitivo.
Sull’utilizzo dei dati in Rete c’è ancora tanta inconsapevolezza da parte dei cittadini?
Su molti temi c’è da fare un lavoro enorme. In particolare, tra i più sottovalutati finora, c’è il diritto all’educazione: se non si conosce e comprende a fondo la logica di Internet, si rimane utenti molto superficiali e, quindi, sminuiti. Il divario digitale si articola su più aspetti: può essere strutturale, quando mancano gli concretamente gli strumenti per accedervi, economico (‘vorrei ma non posso permettermelo’) e culturale (‘posso permettermelo ma non so come utilizzarlo’). Messe insieme, queste disparità riguardano quasi un italiano su due, con percentuali molto più alte nelle fasce di popolazione più povere o anziane.
D: A che punto è il resto del mondo? R: In Francia è stata istituita una commissione analoga alla nostra per discutere i cosiddetti ‘diritti digitali’, ma ha mandato solo per scrivere un rapporto, non per una vera dichiarazione in intenti. Il Brasile è il primo che ha provato a disciplinare il contesto con il ‘Marco Civil’. Anche a livello europeo e non, continua la discussione, ma non è ancora stato stilato nessun documento ufficiale.
Parliamo di neutralità della Rete: c’è chi vede un freno alla crescita economica su Internet. È davvero così?
Tutt’altro. Anzi, è un principio da preservare con forza perché punta a impedire che i gestori del Web diventino i ‘guardiani’ in grado di decidere chi ha successo online e chi no. Internet è un’incredibile piattaforma per l’innovazione e la competizione democratica, ma se qualcuno può avere la possibilità di fare accordi separati, ecco allora che quelle fondamentali caratteristiche di libertà e apertura si riducono fino ad annullarsi.
Una volta ufficializzata, quale sarà il futuro della Carta?
Il suo percorso proseguirà alla Camera come mozione che impegni il governo a presentarla come propria posizione sia a livello italiano, sia nel contesto internazionale. In Parlamento c’è più di una proposta di legge per inserire nella Costituzione alcuni dei principi più importanti della Carta. Noi riteniamo che, in un mondo che cambia velocemente e in cui il Web assume un ruolo sempre più preponderante, i diritti digitali da tutelare debbano essere esplicitati.