Taranto, 27 lug. (LaPresse) – La sentenza d’appello per l’omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne scomparsa il 26 agosto 2010 ad Avetrana, centro in provincia di Taranto, e poi ritrovata morta ha confermato l’ergastolo per Sabrina Misseri e Cosima Serrano. Per il delitto, la Corte d’assise di Taranto ha già condannato in primo grado all’ergastolo, con l’accusa di concorso in omicidio doloso aggravato la cugina e la zia di Sarah, e alla pena di 8 anni per soppressione di cadavere e per il furto del cellulare della ragazzina, Michele Misseri, zio di Sarah, padre di Sabrina e marito di Cosima. Condannati a sei anni di reclusione, per avere aiutato Michele Misseri nella commissione del fatto, il fratello Carmine e il nipote Cosimo Cosma. A denunciare la scomparsa di Sarah Scazzi, studentessa che frequentava il secondo anno dell’istituto alberghiero, era stata la madre Concetta Serrano. La 15enne era uscita dalla propria abitazione verso le 14.30 per andare a trovare la cugina Sabrina, distante poche centinaia di metri, con l’intenzione di andare insieme con un’amica al mare. Da quel momento si persero le sue tracce.
All’inizio, le indagini delle forze dell’ordine si focalizzarono su un’ipotetica fuga di Sarah o su un presunto rapimento da parte di un uomo che l’avrebbe adescata sui social network. Le ricerche proseguirono per tutto settembre 2010. Il 29 di quello stesso mese il telefono cellulare della ragazzina fu ritrovato semicarbonizzato in un terreno vicino alla sua abitazione, dallo zio Michele Misseri. Dopo un’altra settimana di ricerche, il 6 ottobre 2010, Misseri confessò l’omicidio della nipote e indicò agli inquirenti il posto dove ammetteva di aver nascosto il cadavere. I giorni successivi, l’uomo ritrattò la propria confessione e il 15 ottobre confermò i sospetti su un coinvolgimento della figlia Sabrina. La ragazza venne arrestata, dopo essere stata interrogata per sei ore, con l’accusa di concorso in omicidio. La convalida del fermo fu eseguita il 21 ottobre. Gli inquirenti sospettarono che il movente di Sabrina fosse dettato dalla gelosia nutrita nei confronti della cugina che riceveva attenzioni da Ivano Russo, giovane di cui Sabrina Misseri sarebbe stata innamorata.
In un continuo rimpallo di responsabilità, Michele Misseri ritrattò nuovamente la confessione, addossando le responsabilità sulla figlia Sabrina e spiegando di essere stato coinvolto da lei dopo la morte di Sarah per aiutarla a nascondere il corpo ormai senza vita.Il 26 maggio 2011, nuovo colpo di scena. Scattano le manette anche per Cosima Serrano, madre di Sabrina e moglie di Michele Misseri. In base alle analisi effettuate sui tabulati risultò una chiamata fatta dalla donna all’interno del garage, pur avendo la Serrano dichiarato di non essersi recata quel pomeriggio. Il marito uscì dal carcere dopo 5 giorni dall’arresto perché erano scaduti i termini della custodia cautelare, per l’accusa di soppressione di cadavere. Il primo luglio 2011, con l’incriminazione di quindici persone per reati vari, si sono concluse le indagini preliminari.
Misseri, nel frattempo, spiegò di avere accusato la figlia Sabrina su suggerimento dal proprio legale Galoppa e dalla Bruzzone, durante l’incidente probatorio. I due denunciarono l’uomo per calunnia. Successivamente, il 10 gennaio 2012, il processo è stato aperto davanti alla Corte d’assise di Taranto. Principali imputati, Sabrina Misseri (accusata di omicidio volontario), la madre Cosima (ritenuta responsabile di di concorso in omicidio) e Michele Misseri (ritenuto colpevole di soppressione di cadavere).
Il 5 dicembre dello stesso anno Misseri dice di essere lui il colpevole dell’omicidio di Sarah, ma il suo difensore decide di rimettere il mandato. Il processo viene sospeso in attesa che sia nominato un nuovo avvocato per l’uomo. Sabrina Misseri e Cosima Serrano vengono condannate il 20 aprile 2013 all’ergastolo per l’omicidio di Sarah. Michele Misseri viene condannato a 8 anni per concorso in soppressione di cadavere. Sei anni, invece, vengono stabiliti per il fratello Carmine Misseri e per il nipote Cosimo Cosma. Intanto, la prima udienza del processo d’appello si è tenuta nella Corte d’assise di Taranto. In base a quanto deciso in quell’occasione, per Sabrina e Cosima è stata stabilita la permanenza in carcere per tutta la durata del processo.