Guida turistica araba in Italia con il cuore a Sousse in Tunisia

di Ester Castano

Milano, 20 lug. (LaPresse) – “La chiave dell’attentato del 26 giugno sta nel capire chi ha ucciso i nostri compagni della sinistra laica Belaid e Brahmi: gli assassini non hanno un volto e i sospetti cadono nell’apparato dello Stato”. A parlare è Hichem Msabhia, tunisino di 28 anni, costretto nel 2013 alla fuga in Europa dopo la rivoluzione araba per l’incalzare del movimento islamista. “Siamo certi della collaborazione tra polizia e Fratelli Musulmani”, dichiara. Hichem milita nella Lega della Sinistra Operaia della Quarta Internazionale trotskista che nel 2012 ha determinato il rovesciamento dell’ex presidente Ben Ali. Era alla testa del partito quando è nata la Primavera dei Gelsomini: “Per me rappresenta l’inverno – dice – una stagione partita con i migliori intenti ma conclusa nel buio del sangue”.

Hichem è la prima guida turistica araba e africana della Lombardia: gli è stato riconosciuto l’asilo politico e a giugno 2015 ha superato il concorso quinquennale del Ministero del Turismo ottenendo dal Governo italiano l’abilitazione alla professione. “Le bellezze del vostro Paese riempiono il cuore: se tutti dedicassimo un giorno l’anno a osservare la Pietà di Rondanini ci penseremmo due volte prima di commettere violenze”. A Sousse, terza città della Tunisia per popolazione, Hichem ha vissuto dieci anni frequentando la Faculté des lettres et des sciences humaines. “Non è un caso che la polizia nei giorni precedenti all’attentato, a soli tre mesi dalla strage al Museo del Bardo, invece di incentivare i controlli antiterrorismo abbia picchiato due fidanzati che a inizio Ramadan fumavano e mangiavano in un bar. Il Governo, sulla carta neoliberale, è coalizzato con gli islamisti – denuncia – e all’indomani della rivoluzione ha insediato collaboratori fondamentalisti nei diversi apparati statali”.

I genitori di Hichem non sono andati a scuola, ma sia i due fratelli che la sorella del ragazzo sono laureati. Il padre lavora nelle miniere di fostato a Gafsa, nel deserto al confine con l’Algeria. Pochi chilometri separano quei bacini dall’aeroporto di Tunisi. Negli stessi anni in cui la polizia arresta i sindacalisti e i militari uccidono i manifestanti, il sorriso onnipresente del presidente Zine El-Abidine Ben Ali, ritratto nei poster che tappezzano le città, accoglie milioni di turisti. Dopo 25 anni di governo nel 2010 crescono le proteste: il popolo tunisino rivendica i propri diritti e Ben Alì lascia la Tunisia. Ma nel 2012, all’indomani delle rivolte di piazza, i Fratelli Musulmani capitalizzano l’effetto domino della rivoluzione e la sinistra laica denuncia la vicinanza ideologica del maggior partito islamico con gli estremisti. Da quel momento cominciano le minacce: il 6 febbraio 2013 il leader della Lega tunisina, l’avvocato Chokri Belaid, è assassinato e il 25 luglio gli integralisti uccidono il militante Mohamed Brahmi. Nonostante le tensioni, Hichem si laurea guadagnandosi da vivere come guida turistica. “Ad agosto il partito capisce che sarei sopravvissuto solo partendo. Lascio la Tunisia, attraverso l’Europa e arrivo a Milano, dove vivo da un anno e mezzo nella fabbrica occupata RiMaflow”.

Il 26 giugno è stato il fratello maggiore, anche lui guida turistica e professore di storia a Sousse, a dargli la notizia dell’attentato: “Mi si è rotto il cuore: ho lavorato con turisti e operatori di quegli alberghi: posti più sicuri delle spiagge dei resort Imperial Marhaba Hotel e Soviv non c’erano”, dichiara Hichem. E aggiunge: “Gli islamisti oggi usano la politica del ‘piano piano’, step by step: se una volta facevano attentati nelle montagne, ora l’obiettivo sono le mete turistiche. Due anni fa avevamo già denunciato che quacosa di simile sarebbe accaduto e abbiamo il sentore che qualcos’altro di terribile possa accadere di nuovo: l’attuale governo neoliberale tunisino e i fondamentalisti islamisti sono due facce della stessa medaglia – continua Hichem – e finchè negli apparati statali ci saranno persone che danno appoggio ai fondamentalisti la Tunisia non sarà mai un Paese stabile”.