Caserta, 12 lug. (LaPresse) – “Oggi c’è stata una esplosione di follia, perché altro non può essere. Ma credo che l’azione omicida prescinda dalla professione. Come è già successo, chiunque potrebbe provocare una strage”. Questo il commento a caldo di Eugenio Sarno, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Uilpa. “Stiamo cercando di capire meglio il contesto in cui gli omicidi attribuiti al collega sono maturati”, dice. Ma una cosa gli sembra già chiara.
“Non è il caso – a suo parere – di evocare il drammatico precedente delle Vallette”, dove nel dicembre 2013 un agente del carcere torinese uccise un superiore e si tolse la vita, per questioni legate alle ferie. “Nell’istituto piemontese c’era un nesso diretto con il lavoro, nel casertano no”. Però, in entrambi i casi, hanno sparato persone appartenenti al corpo e con una arma a disposizione.
Possibile che non si siano colti segnali? E che non ci siano filtri, controlli periodici sulla tenuta mentale di persone che esercitano un mestiere duro e pesante? “L’assistenza psicologica – risponde sempre Sarno – è prevista, così come le visite di idoneità e le misure di sostegno. Ma di fatto non c’è niente”.