di Chiara Battaglia
Torino, 15 giu. (LaPresse) – Francesco diventato Muhammad, Claudia diventata Zeynab e il profeta Maometto che subentra a Che Guevara. Succede nella Napoli dei convertiti all’islam: ‘Napolislam’ (guarda il trailer). Così si intitola il docufilm del regista Ernesto Pagano che entra nelle vite di 10 convertiti napoletani, fra zeppole halal e preghiere a piazza Mercato, un tempo nota più per la devozione alla Madonna del Carmine.
Fresco della vittoria di ieri al Biografilm di Bologna, il festival internazionale del film documentario, il film è prodotto da Ladoc in collaborazione con Isola film e uscirà nelle sale il 25 giugno, in pieno periodo di Ramadan che quest’anno comincia il 18 giugno, distribuito da I Wonder Pictures. “Sarà il cinepanettone di Ramadan. Anzi no, il cinedatterone”, scherza il regista parlando con LaPresse. Girato in gran parte durante il Ramadan 2014 esce nel Ramadan 2015, ma definirlo un cinepanettone non gli renderebbe giustizia: la telecamera è puntata sulla quotidianità dei convertiti, e fra loro “ragazzi dei quartieri popolari che nell’islam hanno trovato un riscatto identitario. Come già avviene in città europee come Parigi, ma a differenza della banlieue parigina qui i protagonisti hanno un retroterra culturale e linguistico molto forte”.
A Napolislam “l’islam comincia a parlare napoletano, anche nel vocabolario”. Per esempio la salat islamica, cioè la preghiera rituale, per i convertiti diventa ‘pregare a facc nterra’, cioè pregare con la faccia a terra. “Non potrebbe sintetizzare meglio il concetto di islam come sottomissione a Dio”, spiega un po’ divertito Pagano, arabista di formazione. Tra i protagonisti c’è Salvatore ora Muhammad, ex militante dei disoccupati organizzati di Napoli, che deluso dal movimento adesso a Che Guevara preferisce Maometto e ha scelto la sharia come risposta all’ingiustizia sociale. “Salvatore rappresenta un po’ la reazione alla crisi di valori, delle ideologie politiche che hanno costruito l’Europa contemporanea, la morte dell’ideologia comunista, adesso la lotta di classe diventa la lotta per l’applicazione della sharia”, dice il regista a LaPresse. Poi c’è Walid, che è venuto dall’Algeria e ha sposato Alessandra, la quale adesso ha un nome arabo, Amina. La madre Francesca non riesce ad accettarlo e quando Alessandra le mostra come si indossa lo hijab rimane contrariata. E poi ancora il rapper Danilo Alì, che canta Allah in napoletano al ritmo di hip hop e fa da colonna sonora al documentario. “Volevo fare un affresco di Napoli e raccontare le vite dei convertiti all’interno di questa cornice, anzi più di una cornice, penso che Napoli sia la vera protagonista del film, quella che ti fa guardare l’islam in un altro modo e ci riesce in maniera molto fresca e divertente. Molto spesso si ride in Napolislam”.
E nella quotidianità dei convertiti irrompe l’attacco di Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015. Il suo impatto “è stato così forte che abbiamo deciso di non lasciarlo fuori, anche perché i protagonisti si sono sentiti chiamati in causa, un po’ sotto attacco, perché la vulgata dei media mainstream chiamava in causa l’islam in generale e quindi i musulmani”, spiega Pagano. Alcuni dei protagonisti “si sono un po’ irrigiditi, il lavoro di costruzione della fiducia che ho provato a fare in mesi e mesi stava arretrando, faceva qualche crepa” e così alla fine “abbiamo deciso di metterli nel film ma in maniera non prorompente: quello che ho pensato è stato di mettere di fronte a YouTube uno dei personaggi e fargli guardare gli attentati, proprio per far capire quale distanza c’era fra la vita quotidiana di queste persone e quello che stava succedendo a Parigi. Una cosa che non c’entrava niente ma che in qualche modo li investiva”.
Grande assente nel film, proprio a seguito di Charlie Hebdo, è il suo ispiratore: “Il mio Virgilio nel mondo dei convertiti è stato Ciro Capone Muhammad, un ragazzo del quartiere popolare Porta San Gennaro, di fronte al rione Sanità. Un ragazzo con la quinta elementare che mi ha fatto conoscere una tipologia di convertiti che fino a quel momento non pensavo neanche esistesse, cioè i ragazzi dei quartieri popolari, con un basso livello di istruzione, che avevano trovato nell’islam un mezzo di riscatto sociale e identitario”. Ma dopo gli attacchi di Charlie Hebdo Ciro ha scelto di restare fuori dal film. “Si è sentito molto attaccato dai media, sentiva intorno a lui il peso dell’islamofobia e aveva paura di essere frainteso”, ricorda Pagano.
Mentre a livello italiano ed europeo imperversa il dibattito sull’immigrazione, nelle parole del regista “Napolislam è un modo di guardare Napoli da un’altra prospettiva, quella dell’islamizzazione, è un punto di vista e anche un’avanguardia ipotetica di un’Europa islamizzata”. Ma “è anche una suggestione, infatti l’inizio del film è fatto in modo da suggerire che ci troviamo in una città mediterranea musulmana più che a Napoli”, spiega ancora. “Si gioca un po’ con una serie di simboli che si sono stereotipati nel tempo, sia su Napoli che sull’islam: quando vedi un ragazzo barbuto che cammina per la città ti rimanda subito allo stereotipo del fondamentalista islamico, ma quando lo vedi mangiare la zeppola di San Giuseppe, però halal quindi senza strutto, ritorni a Napoli violentemente e si crea una sorta di cortocircuito”.
L’Italia e l’Europa si stanno islamizzando? “È innegabile che le conversioni stiano aumentando, non ci sono dati, però anche parlando con gli imam delle moschee si capisce che dopo l’11 settembre c’è stata una grande ondata di conversioni”, afferma il regista. I motivi per le conversioni? Sono svariati. “L’imam Yassin Agostino che è anche nel film – racconta Pagano – dice che spesso secondo lui ci sono delle conversioni per moda. Dice: ‘Ai miei tempi c’era Che Guevara e oggi invece c’è l’islam’”. Ma emerge anche la questione dei matrimoni misti: “è indubbio che in una società in cui la presenza di persone che vengono da Paesi arabi aumenta, ci si mischia e spesso si acquisisce anche la religione: non è un processo che avviene come una conquista, ma un processo lento e inesorabile che dobbiamo solo capire come gestire”. Che poi, dice Pagano, bisogna chiedersi anche la nostra cultura qual è. “Napolislam è un film a favore dell’integrazione in generale, senza voler dare messaggi politici”, conclude il regista. “Ci dobbiamo ricordare che il processo di islamizzazione è in corso, ma bisogna capire che approccio avere nei suoi confronti”.