Roma, 12 mar. (LaPresse/Efe) – E’ iniziata alle 10.45 di questa mattina, nell’aula bunker del carcere di Rebibbia, la seconda udienza il processo di primo grado sulla sparizione e la morte di una ventina di italiani tra il 1970 e il 1980 in America Latina, nell’ambito dell’operazione Condor, il nome con cui si intende la massiccia operazione attraverso la quale i governi di molti Paesi latinoamericani – in accordo tra loro – eliminarono gli oppositori. La prima udienza si è svolta il 12 febbraio scorso, ma non è stato possibile concludere la fase della costituzione delle parti.
A presiedere l’udienza è la giudica Evelina Canale. Oggi verranno stabilite le parti civili, saranno presentate le prove, la lista dei testimoni e dei periti ammessi e verrà fissata la data della prossima udienza. L’accusa è rappresentata dal procuratore Gianluca Capaldo, che iniziò la sua inchiesta nel 1999, dopo una denuncia presentata da un gruppo di familiari dei ‘desaparecidos’ italiani.
Gli imputati sono 32 ex componenti delle giunte militari della Bolivia (1), del Cile (11), del Perù (4) e dell’Uruguay (16). Tra quanti si costituiranno parte civile saranno presenti anche l’Associazione dei familiari dei detenuti in Bolivia, l’Associazione dei familiari dei desaparecidos in Cile e le Nonne di Plaza de Mayo.
La maggior parte degli imputati non sarà presenti in aula e a loro è stato affidato un avvocato d’ufficio. Durante la scorsa udienza un solo imputato si è presentato nell’aula bunker: si tratta di Jorge Nestor Troccoli, 67 anni, che vive in Italia dal 2002 ed è accusato dell’omicidio di sei persone. Era accompagnato dai suoi legali Francesco Saverio Guzzo e Anna Scifoni. Gli avvocati hanno ricordato che il loro assistito fu arrestato nel 2007 come misura preventiva e liberato quattro mesi più tardi, quando l’Italia negò la sua estradizione in Uruguay.
Sono serviti oltre 10 anni di indagine, ma la terza sezione penale del tribunale capitolino potrà finalmente decidere sulla sorte degli imputati che devono rispondere della morte di 20 cittadini italiani, spariti nel nulla dopo essere stati presi in consegna dai militari. L’indagine originaria era però molto più vasta e arrivava a comprendere circa 140 indagati, molti dei quali morti prima della chiusura delle indagini che risale al 2010. Tra i capi d’imputazione ipotizzati dalla Procura di Roma era compreso anche il reato di strage che, in sede di udienza preliminare è caduto per un mero vizio procedurale.