Roma, 10 mar. (LaPresse)- Cinque anni dall’inizio alla Cassazione: è il 26 ottobre 2010 quando la stampa parla per la prima volta dell’inchiesta che coinvolge l’allora primo ministro Silvio Berlusconi. I capi d’accusa sono concussione e prostituzione minorile. Al centro della vicenda c’è Karima El Mahroug, in arte Ruby, minorenne, fermata per furto il 27 maggio e consegnata dalla questura di Milano alla consigliera regionale Nicole Minetti dopo una telefonata del premier, che sostiene si tratti della nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak. E’ Ruby a rompere il silenzio con i magistrati sulle ‘cene eleganti’ ad Arcore e a parlare di ‘bunga bunga’. Il 15 febbraio 2011 il gip di Milano Cristina Di Censo rinvia a giudizio Berlusconi con rito immediato, il 6 aprile inizia il processo davanti ai giudici della quarta sezione penale di Milano. Nessuno si costituisce parte civile contro il premier.
BERLUSCONI NEGA RAPPORTI INTIMI CON RUBY. Il 19 ottobre 2012 Berlusconi si difende in aula con dichiarazioni spontanee e parla di una “mostruosa operazione di diffamazione internazionale per me e per le mie ospiti”. In una cena ad Arcore, sostiene il premier, Ruby “attirò l’attenzione dicendo di essere egiziana, figlia di una cantante appartenente a una facoltosa famiglia imparentata con Mubarak. Di avere 24 anni e di essere stata cacciata da casa dal padre perché voleva convertirsi alla religione cattolica”. Con lei, aggiunse il premier, non ci sono “mai state scene di natura sessuale” e la telefonata in questura è stata fatta “solo per evitare un incidente diplomatico”. Il 13 maggio 2013 Ilda Boccassini chiede sei anni di reclusione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per Berlusconi. Bocassini dichiara che “non vi è dubbio che Karima abbia fatto sesso con l’imputato e che ne abbia ricevuto dei benefici”.
IN APPELLO ASSOLUZIONE DA TUTE LE ACCUSE. Tutti gli elementi, secondo Boccassini, “danno la certezza che è intervenuto abusando della sua qualifica di presidente del Consiglio per sottrarre la minore dalla questura ed evitare che lei potesse svelare” fatti e retroscena per lui scomodi. Il 24 giugno 2013 i giudici della quarta sezione penale condannano Berlusconi a sette anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. L’ex premier è colpevole di concussione per costrizione e per il reato di prostituzione minorile. Il verdetto è superiore alla richiesta dell’accusa. Il 20 giugno 2014 inizia davanti ai giudici della seconda Corte d’appello di Milano il processo di secondo grado. L’11 luglio 2014 il procuratore generale Piero De Petris chiede la conferma della condanna a 7 anni per Berlusconi perché non c’è “ragione alcuna” per concedergli le attenuanti generiche sia “per i fatti di reato contestati, sia per il complessivo comportamento tenuto dall’imputato”. Secondo De Petris l’ex premier ha avuto rapporti sessuali con Ruby, era consapevole della sua minore età e la telefonata in questura è un “abuso colossale” con un'”inequivoca portata intimidatoria”. Il 18 luglio 2014 il processo d’appello capovolge la sentenza di primo grado. L’ex premier è assolto da entrambe le accuse.