di Claudia Mingardi
Torino, 11 gen. (LaPresse) – Di monumenti collettivi dedicati alla memoria delle vittime del nazifascismo, ne esistono a bizzeffe. Per l’artista tedesco Gunter Demnig, tuttavia, “la cosa più importante è che ogni vittima venga ricordata per la propria storia. Ogni vittima ha diritto ad essere commemorata con un monumento individuale”. Per questo Demnig ha dato vita nel 1997 a ‘Pietre d’inciampo’ (Stolpersteine in tedesco), la prima opera a livello europeo ideata e realizzata per ricordare le singole vittime della deportazione nazista e fascista.
L’artista produce piccole targhe di ottone poste su cubetti di pietra che sono poi incastonati nel selciato davanti all’ultima abitazione scelta liberamente dalla vittima. Ogni targa, che riporta ‘Qui abitavaà’, il nome della vittima, data e luogo di nascita e di morte/scomparsa, ha, però, una doppia valenza: quella della conversazione della memoria storica e quella della restituzione di questo ricordo ai famigliari delle vittime.
“Lutto e tristezza a parte, ogni volta che installo una nuova pietra – spiega – provo una sensazione positiva perché sento di poter dare ai parenti della vittima la possibilità di ritrovare quella persona. Tutti coloro che sono spariti nei campi di concentramento hanno, in qualche modo, l’opportunità di ‘rivivere’ attraverso questa mia opera”.
Che Demnig consegni all’arte un valore che va al di là dell’estetica ed è soprattutto sociale, appare quasi scontato: “ogni artista può scegliere se dedicare il proprio lavoro all’impegno civile o meno. Per me – racconta – l’arte è stata fin dall’inizio un’attività politicamente impegnata e trovo che sia fondamentale continuare a portare avanti questa concezione in ogni mia opera. Per fortuna, tantissimi artisti che conosco la pensano come me”.
‘Le pietre d’inciampo’ si trovano in oltre mille località di sedici paesi europei, tra cui l’Italia con pose a Roma, Livorno, Prato, Ravenna, Brescia, Genova, L’Aquila e Bolzano. Ma è a Torino che Demnig ha raggiunto un importante traguardo, installando, in corso Massimo D’Azeglio 12, la sua cinquantamillesima pietra, dedicata alla torinese Eleonora Levi, deportata ad Auschwitz il 5 aprile 1944. Di fermarsi, però, l’artista non ne ha la minima intenzione: “Picasso – ricorda con un sorriso -dipingeva ancora all’età di 99 anni. E, in caso di emergenza, si può sempre creare una fondazione”.