Roma, 9 gen. (LaPresse) – Il 2014 si è classificato in Italia come l’anno più caldo da quando esistono i rilevamenti climatici, il 1880, e lo sconvolgimento stagionale, afferma la Coldiretti, ha provocato pesanti effetti sulla natura. Nell’anno appena trascorso si è registrata una temperatura superiore di 1,45 gradi rispetto alla media per l’effetto combinato di un’estate fresca e del caldo anomalo soprattutto in autunno e in inverno. Ma il 2014 in Italia, continua la Coldiretti, è stato anche un anno molto piovoso, con il 16 per cento di pioggia in più rispetto alla media, che lo posiziona al 39esimo posto tra gli anni più piovosi negli ultimi 215. Il risultato di caldo e pioggia si è fatto sentire sulla natura e sui raccolti Made in Italy, che hanno registrato tagli che vanno dal 35 per cento dell’olio di oliva italiano al 15 per cento per il vino, fino al 50 per cento per il miele, mentre il raccolto di castagne è stato da minimo storico.
“Siamo di fronte – sostiene la Coldiretti – ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento che si è accentuata negli ultimi anni ma anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi e anche l’aumento dell’incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti che colpiscono l’agricoltura. La conferma della tendenza al surriscaldamento anche in Italia viene dal fatto che tra i 10 anni più caldi dal 1800 a oggi ben nove sono successivi al 2000”.
Dopo il 2014, continua la Coldiretti, c’è il 2003 (+1.37 gradi), 2007 (+1.33), 2012 (+1.31), 2001 (+1.29), poi il 1994 (+1.11), 2009 (+1.01), 2011 (+0.98), 2000 (+0.92), 2008 (+0.89). Nel lungo periodo sono numerosi gli effetti dei cambiamenti climatici sull’agroalimentare nazionale. Secondo una analisi della Coldiretti il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma si è verificato nel tempo anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture, come l’olivo, che è arrivato quasi a ridosso delle Alpi. Nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Un effetto che si estende in realtà a tutti i prodotti tipici.
Il riscaldamento, precisa la Coldiretti, provoca anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto, conclude l’organizzazione, mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche all’ambiente geografico, in combinazione tra fattori naturali e umani.