Milano, 27 nov. (LaPresse) – “Il materiale probatorio é amplissimo, noi abbiamo individuato 11 indizi gravi, precisi e concordanti, che vanno dal rapporto di confidenza dell’assassino con la vittima, che gli ha permesso l’ingresso nell’abitazione dei Poggi alle 9.12 quando Chiara lo fece entrare, alla criticità dei rapporti tra i due fidanzati, alla riscontrata mancanza di un alibi in un orario in cui c’è stato un omicidio, e ovviamente alla falsità del racconto di Alberto Stasi”. Lo ha riferito l’avvocato Francesco Compagna, legale della famiglia Poggi insieme al collega Gianluigi Tizzoni, in una pausa dell’udienza del processo dell’appello bis nei confronti dell’ex bocconiano accusato di aver ucciso la fidanzata il 13 agosto 2007 a Garlasco. “Gli elementi sono tanti – ha ricordato l’avvocato di parte civile -, tra questi il Dna di Chiara ritrovato in quantità molto abbondante sui pedali che furono ritrovati a casa di Alberto Stasi, le impronte digitali trovate sul portasapone che fu utilizzato dall’assassino per pulirsi le mani macchiate di sangue e questa scelta di sottacere la disponibilità di più biciclette nere da donna che inizialmente era stata sottovalutata. Gli accertamenti in questo grado di giudizio hanno dimostrato che si è voluto occultare l’esistenza di due bici da donna che sono pienamente conformi dalla descrizione che fu fatta dalle testimoni”. Nel corso dell’udienza, a porte chiuse perché il processo è celebrato con rito abbreviato, i legali di parte civile hanno ricapitolato tutte le ragioni per le quali Stasi non può che essere l’omicida della fidanzata. In particolare, per l’avvocato Compagna, “una volta che possiamo stabilire che questa presunta scoperta del cadavere da parte di Stasi non c’é stata perché non era possibile attraversare la scena del crimine” senza sporcarsi le scarpe di sangue, “nè senza lasciare tracce, nè in termini di impronte, nè di trasferimento di sangue e di altre prove”, vuol dire che l’imputato “ha raccontato agli inquirenti quello che sapeva per essere stato l’artefice dell’omicidio”. “Il percorso che lui dice di aver fatto in quella casa – afferma – coincide a quello fatto dell’assassino”.