Mafia, pentito: Giudice Falcone in cima a lista di nemici da uccidere

Roma, 24 nov. (LaPresse) – Il giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia nella strage di Capaci il 23 maggio del 1992, era in cima alla lista dei nemici che Cosa nostra aveva intenzione di eliminare fin dagli anni Ottanta. Lo ha rivelato il pentito, Giovanni Brusca, ex boss della cittadina di San Giuseppe Jato, a pochi chilometri da Palermo, nel corso della sua deposizione al secondo processo in corso per l’eccidio dell’autostrada A29. Falcone e la moglie, arrivati da Roma a Palermo, saltarono in aria insieme con i tre agenti della scorta mentre viaggiavano lungo l’autostrada che collega l’aeroporto di Palermo con il capoluogo siciliano.

“Era il numero uno” nella lista delle personalità da uccidere, ha spiegato Brusca, in collegamento video con l’aula bunker del carcere romano di Rebibbia da una località segreta per motivi di sicurezza. Il pentito, che fu arrestato nel maggio del 1996 nella città di Agrigento, ha anche parlato di una riunione interna alla mafia in occasione delle festività di natale del 1991: “Non c’era bisogno di fare i nomi” della lista di personalità da uccidere, perchè “era sottinteso che Giovanni Falcone – ha detto Brusca – era il numero uno e lo sapevano pure i gatti che dovevamo ucciderlo. Io stesso lo seguivo dal 1981 e per me, come per tutti gli altri, era scontato”.

Brusca ha spiegato che l’ide di uccidere Falcone risaliva a dopo l’attentato eseguito a Palermo, nel luglio del 1983, contro Rocco Chinnici, che fondò il pool di magistrati antimafia della procura. “In quell’anno pedinai Falcone e iniziai a studiarne le abitudini – ha raccontato Brusca – ma poi il progetto fu sospeso”. Il pentito ha rivelato inoltre che una delle opzioni al vaglio dei boss per l’eliminazione del magistrato “era quella di imbottire un ‘vespone’, un tipico scooter, di tritolo da far saltare poi al tribunale al passaggio di Falcone”.

I progetti di morte nei confronti di Falcone subirono una accelerazione dopo con la sentenza di terzo grado, quindi definitiva, sulle condanne del Maxiprocesso, il primo che venne celebrato in Italia alla fine degli anni Ottanta nei confronti della mafia come organizzazione criminale. “Per Falcone c’era una squadra che si stava muovendo a Roma e che doveva ucciderlo con armi convenzionali – ha affermato Brusca – e una seconda che progettava di uccidere il magistrato a Palermo, con un’autobomba”.