Eternit, chiusa indagine bis: Schmidheiny indagato di omicidio volontario

Torino, 20 nov. (La Presse) – La procura di Torino ha chiuso l’inchiesta Eternit bis sulla morte di oltre 200 persone morte dopo aver respirato l’amianto nelle zone vicine alle fabbriche di Casale Monferrato e Cavagnolo. L’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Gianfranco Colace e da Raffaele Guariniello.

L’unico indagato è l’ex amministratore della Eternit Stephan Schmidheiny. Il reato ipotizzato è omicidio volontario continuato e pluriaggravato e non disastro come nel maxiprocesso che si è concluso definitivamente ieri. Le aggravanti sono quelle previste dall’articolo 577: aver agito per motivi abietti e aver commesso il fatto con mezzo insidioso. La pena massima prevista è l’ergastolo. Le parti lese sono persone morte dall’89 ad oggi.

La procura ritiene che il magnate svizzero indagato avesse continuato – pur sapendo che l’amianto uccide – a mantenere operative le fabbriche per fare profitto. Aziende in cui si sarebbe lavorato l’amianto senza adottare precauzioni, come l’uso delle mascherine o dei guanti, o di sistemi di filtraggio dell’aria. Questa omissione avrebbe fatto sì che le polveri nocive fuoriuscite dalle fabbriche o trasportate per le strade su carriole aperte avessero contaminato non solo l’aria, ma i terreni e le falde dei territori di Casale e dintorni e di Cavagnolo. Durante il dibattimento del maxiprocesso numerosi testimoni avevano spiegato come il materiale di scarto della lavorazione dell’amianto venisse regalato dall’azienda ai casalesi e utilizzato per coibentare le case, per asfaltare i cortili o altri lavori nelle abitazioni private. Altre vedove avevano raccontato come le polveri d’amianto si insidiassero nell’aria di molti locali, non solo dentro alle case, ma nelle panetterie, nei negozi di alimenti, nei locali pubblici. La difesa di Stephan Schmidheiny ha sempre sostenuto che all’epoca dei fatti non si sapesse quanto fosse nocivo l’eternit. Ma i pm Guariniello e Colace hanno dimostrato che la proprietà era al corrente del fatto che fosse pericoloso lavorare la sostanza killer senza precauzioni. Per questo contestano l’omicidio volontario continuato, aggravato da quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 577 – “col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso” – e dal primo comma dell’articolo 61, “l’avere agito per motivi abietti o futili”.