Genova, 3 nov. (LaPresse) – “Le aspettative sono tante, siamo qui per chiedere giustizia e siamo sicuri che la otterremo”. E’ fiducioso Marco Costa, il papà di Serena Costa, la ragazza 19 enne morta nell’alluvione del 4 novembre 2011 in cui l’esondazione del torrente Fereggiano provocò sei vittime, tra cui due bimbe. Lui, come gli altri parenti delle vittime di quella tragica mattina, presenzia a tutte le udienze, studia le carte insieme al suo avvocato Emanuele Olcese e ancora non si capacita: “Nei piani di bacino c’era scritto tutto, ma questi piani istituzioni e dirigenti non li hanno letti perché se lo avessero fatto non sarebbe successo nulla”.
Domani saranno tre anni dalla morte di Serena, travolta mentre andava a prendere il fratellino a scuola, mentre Genova, colpita da un’alluvione solo tre settimane fa, torna ad avere paura con uno stato di allerta emanato per i prossimi due giorni: “Purtroppo sono cambiate le amministrazioni – dice – ma non c’è stata ancora una presa coscienza della realtà del Fereggiano né di quella del Bisagno e si danno informazioni sbagliate perché si parla del rifacimento della copertura del Bisagno come fosse la soluzione del problema ma non è così: quello che serve è lo scolmatore del Bisagno”. “Si trovano i soldi per la Tav e il Mose – aggiunge – e non per mettere in sicurezza un’area in cui abitano e rischiano 110 mila persone? Il sindaco dovrebbe andare a Roma e battere i pugni per chiedere i finanziamenti”.
Genova, 3 nov. (LaPresse) – Anche le misure per avvertire la popolazione in caso di rischio sono ancora insufficienti: “Servono delle sirene, attivate manualmente, che facciamo un frastuono tale da far capire a tutti che devono mettersi in salvo”. Solo una delle azioni messe in campo dalla nuova amministrazione comunale è valutata positivamente: “L’unica cosa che abbiamo spuntato è la chiusura delle scuole automatica in caso di allerta 2. E’ sicuramente è un passo avanti perché se quel giorno le scuole fossero state chiuse cinque dei sei morti non ci sarebbero stati”.