Torino, 1 ago. (La Presse) – Pugni in faccia, la testa sbattuta contro il finestrino, minacce. Poi, il trascinamento, di peso, giù dal pullman, e ancora botte sul volto e sulla testa. Una bottiglia spaccata sulla nuca, quando la vittima era di spalle. In tre contro uno. Tutto per impossessarsi di un iPhone. E’ successo a uno studente torinese, su un bus di linea, il 63, a Torino, il 13 febbraio scorso, poco dopo le 18.30. Il ragazzo stava tornando a casa. Seduto in fondo al bus, è stato circondato da tre ragazzi, che sono saliti sul mezzo alla fermata Lingotto. Lo studente, colpito in viso perchè si rifiutava di consegnare il telefonino, non aiutato da nessuno, ha provato a difendersi da solo, tirando un pugno a uno dei tre aggressori, ma non ce l’ha fatta.
Ha subito le botte, fino a quando non si sono aperte le porte del pullman alla fermata di via Bossoli. E’ stato trascinato per terra, in mezzo alla strada, dove è continuata l’agonia. Soltanto dopo che la banda lo ha abbandonato, sono intervenuti dei passanti ad aiutarlo. Dopo un’inchiesta svolta dai carabinieri, il gip Francesca Christillin ha disposto il carcere per Andrea Cirri, 24enne di Trofarello, pregiudicato e recidivo, e per Ivan Anello, di 21 anni, e Samuele Cabitto, di 18. E’ coinvolto anche un minorenne, per cui procede la procura dei minori. Anello, Cabitto e il minorenne devono rispondere di rapina e lesioni personali per l’aggressione sul 63. Tutti e tre, insieme a Cirri, sono accusati di aver aggredito, 30 minuti dopo aver lasciato per terra, sanguinante, lo studente, un altro uomo, questa volta sulla passerella olimpica del Lingotto.
Anche in questo caso la vittima è stata picchiata e derubata di due telefonini. Alla prima vittima, i tre arrestati erano riusciti invece a rubare soltanto uno zaino pieno di libri. I carabinieri sono riusciti a individuare i componenti della banda analizzando i filmati delle telecamere della stazione di Cambiano (Torino), il luogo da cui avevano preso il treno per poi arrivare alla stazione Lingotto di Torino. Fondamentali per l’inchiesta sono state anche le foto degli indagati rintracciate su Facebook dai militari. Secondo il gip, per gli arrestati “vi è il concreto pericolo che commettano altri gravi delitti della stessa specie”, perchè avrebbero “agito con violenza gratuita, assolutamente non necessaria e sproporzionata rispetto alle finalità perseguite”.
Il giudice denota anche la “natura indubbiamente pericolosa della loro personalità”, anche in virtù del fatto che “gli indagati hanno tutti pendenze per delitti della stessa specie, ubriachezza molesta, detenzione di sostanze stupefacenti, furti aggravati, invasine di edifici, lesioni personali”.