Di Elena Fois
Torino, 24 apr. (LaPresse) – Camilla compirà due anni ad agosto ed è la fotocopia del papà, Daniele Grillo, 32 anni. Gli stessi occhi intensi, i lineamenti del viso delicati e un’energia che la mamma, Susanna De Palma, 35 anni, una laurea in Scienze politiche, fatica a tenere a bada. Ma basta un libro colorato, Peppa Pig alla tv e, soprattutto, la pazienza dei nonni, e si rannicchia sul divano, soddisfatta per le attenzioni ricevute. La casa è moderna, un loft in una zona periferica di Torino e visto che spazio per la cameretta di Camilla non c’è, il pavimento dell’unica stanza assomiglia a quello di un asilo. Un tappeto colorato, giocattoli, figurine, libri che rendono l’arredamento minimal pieno di vita.
Susanna e Daniele sono giovani, lavoratori precari, stipendio basso, famiglie alle spalle su cui poter e dover contare ancora per andare avanti e garantire almeno a Camilla una vita serena. Entrambi a maggio riceveranno il bonus di 80 euro su cui si sta giocando la faccia il premier Matteo Renzi. “Una boccata d’ossigeno – dicono – che non ci cambia di certo la vita, ma che ci permetterà, ad esempio, di pagare quasi tutta la retta mensile dell’asilo della bambina”. Già, l’asilo. Duecento euro al mese in una struttura privata, perché quelle pubbliche “hanno praticamente lo stesso costo”, ma non garantiscono la medesima flessibilità e, soprattutto, hanno liste d’attesa infinite.
Insieme da più di 10 anni, Susanna e Daniele hanno deciso di vivere sotto lo stesso tetto nel 2006, quando gli affitti a Torino salirono alle stelle per via della spinta olimpica. “Eravamo tutti e due precari – racconta Susanna – e nonostante la paura e gli avvertimenti di amici e parenti abbiamo deciso di affrontare insieme il futuro”. Una casa piccola in piazza Carducci prima, poi un bilocale grazioso e coloratissimo in corso Francia, nel quale hanno abitato per quattro anni. Lei lavorava in Regione Piemonte, precaria con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, lui studiava ancora all’Università, ma contribuiva alla gestione familiare lavorando in palestra. “Non potevamo permetterci niente – raccontano – né vacanze, né cene fuori, nessun extra. Ma la nostra priorità era stare insieme. Quindi siamo andati avanti a testa bassa”.
Fondamentale, spiegano, l’aiuto delle rispettive famiglie: “Noi siamo parte di quella generazione che fa ancora tanta leva sui genitori”. Le caparre per gli affitti, le spese extra, gli imprevisti sono stati affrontati grazie all’aiuto delle mamme e dei papà, i quali, però, oggi si guardano indietro e parlano con tristezza di questo eterno ruolo da ‘tutori’. “Aiutare i figli è giusto perché li amiamo – racconta la mamma di Susanna, un’insegnante in pensione – ma abbiamo tanti sensi di colpa, perché sappiamo che la responsabilità di tutta questa situazione è della nostra generazione. I nostri figli hanno avuto la possibilità di studiare, di avere certe comodità, ma una volta adulti e con una loro famiglia le condizioni peggiorano. E questo non è giusto”.
Dopo quattro anni in affitto, Daniele cambia lavoro e inizia a girare il mondo per un società di organizzazione di eventi sportivi. Susanna vince il concorso in Regione, ma resta precaria. Da qui la decisione di comprare il loft in cui vivono oggi. “Non abbiamo permesso ai fattori esterni di rovinarci la vita e siamo riusciti a trovare una certa stabilità nel breve periodo”, dicono insieme, mentre sul tavolo della cucina mostrano le bollette da pagare, le cui cifre sono state archiviate meticolosamente sul computer di casa. Una gestione economica precisa e necessaria per poter arrivare alla fine del mese senza la paura di non poter pagare la rata del mutuo. Per acquistare la casa, naturalmente, è stata necessaria la firma di mamma e papà. Troppe le difficoltà con le banche per farcela da soli. “Non ci è mai mancato il vento dell’ottimismo – spiegano Susanna e Daniele sorridendo – e la voglia di stare insieme è stata più forte dello scoramento”.
Ad agosto del 2012 è arrivata Camilla. Il momento non era certo favorevole: Daniele era disoccupato e il contratto di Susanna era in scadenza. “La nostra famiglia è diventata l’unica cosa su cui poter contare – raccontano – e abbiamo deciso di non rinunciare al nostro sogno”. L’arrivo della bambina ha comportato nuovi sacrifici. “Passeggino, culla, giochi sono tutti di recupero. I vestitini per lei sono regali di amici e parenti”, spiegano e, ancora una volta, ad aiutarli ci sono le famiglie di origine. Una piccola somma, regalo dei rispettivi genitori, da destinare all’acquisto di un’auto nuova – necessaria per andare al lavoro – è stata dirottata al pagamento del conguaglio della bolletta del gas: cinquemila euro, che equivalgono a quasi tre mesi di stipendi.
Da gennaio il contratto di Susanna è stato trasformato in un part-time. Diciotto ore alla settimana, 600 euro al mese, che si aggiungono allo stipendio di Daniele, ora impiegato in una ditta di spedizioni. Il bonus di 160 euro farà la differenza. “Ora quando facciamo la spesa – raccontano i due ragazzi – acquistiamo tutti i prodotti in offerta. Forse non cambierà molto, ma magari potremmo permetterci di comprare una volta in più il pesce fresco o di cenare fuori”. Vacanze? “Non le facciamo da anni. Con un anno intero di bonus, forse, ci potremo concedere il lusso di qualche giorno al mare”. A patto che non ci siano imprevisti. “Camilla ha avuto la bronchite – racconta Susanna – e abbiamo speso 40 euro di medicine in farmacia. Il pediatra non è venuto a casa a visitarla, quindi abbiamo chiamato un medico privato, che ci ha presentato una parcella da 80 euro. Il bonus sarebbe già esaurito”.
“La verità – è lo sfogo di Daniele – è che io non voglio solo i soldi. Voglio che siano garantiti i servizi essenziali: la salute, i trasporti efficienti, la certezza che mia figlia possa studiare. Questo modo di fare politica non ha nulla a che fare con i bisogni della gente, non dà le risposte che servono”. “Io lavoro da anni in un ambiente politico – dice Susanna – e ho capito che il problema vero non è la disponibilità di risorse, ma il modo in cui vengono investite. Nessuno capisce quali siano le reali priorità”. Ma guai a piangersi addosso. “Andiamo avanti, quando possiamo mettiamo da parte un piccolo gruzzoletto, un cuscinetto che ci permetta un minimo di serenità e, in un futuro, di pagare gli studi a Camilla”.
Intanto resta il sogno di una vacanza in famiglia, di una spesa non necessariamente ridotta ai minimi termini, di una cena a base di pesce da preparare in casa e condividere magari con gli amici. Se il governo manterrà la parola e la fortuna sarà dalla loro parte, Daniele, Susanna e Camilla forse potranno concedersi quello che chiamano un “lusso”. Mentre le loro mamme e i loro papà non si danno pace. “Se fossimo giovani e single – dicono – non ci penseremmo un attimo: via dall’Italia per costruirci un futuro dove è ancora possibile sognare”.