Roma, inchiesta sull’hotel della ‘dolce vita’: sequestrati 15 milioni a 3 imprenditori

Roma, 23 apr. (LaPresse) – Beni immobili e mobili del valore di 15 milioni di euro sono stati sequestrati a tre imprenditori romani dai finanzieri del comando provinciale di Roma, nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria avviata sulla vendita dell’albergo ‘Ambasciatori Palace’ di via Veneto a Roma, uno dei simboli negli anni ’60 della cosiddetta ‘dolce vita’. Le indagini delle fiamme gialle del nucleo polizia tributaria hanno consentito di ricostruire in maniera certosina i passaggi della cessione dell’intera proprietà del noto albergo, avvenuta nel 2008, tra una famiglia di imprenditori capitolini e un importante gruppo alberghiero partenopeo, finalizzati a nascondere al fisco la plusvalenza (differenza positiva tra il valore delle quote sociali e il prezzo di vendita) realizzata dai cedenti, pari a oltre 89 milioni di euro.

Era stata orchestrata l’interposizione tra cedente e cessionario di una società fiduciaria inglese, le cui quote azionarie sono state conferite a un trust con sede in Nuova Zelanda, paese che ha un regime di fiscalità privilegiata (“off-shore”), sul cui conto corrente in una banca di Ginevra è arrivato il bonifico relativo al corrispettivo dichiarato della vendita, pari a oltre 92 milioni di euro. La plusvalenza avrebbe dovuto concorrere alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, per ognuno dei tre soggetti, per il 40% dell’ammontare della stessa, per un totale di circa 15 milioni di euro.

L’istituto del trust, di derivazione anglosassone, è stato utilizzato per interporre un soggetto terzo residente all’estero tra le parti della cessione, evitando la tassazione in Italia della plusvalenza in capo ai beneficiari. Il provvedimento di sequestro preventivo – emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – è volto a cautelare l’erario ai fini della confisca cosiddetta “per equivalente”, per le imposte non versate, le pene pecuniarie e gli interessi maturati. I tre sono indagati, a diverso titolo, per i reati di omessa presentazione e di dichiarazione infedele dei redditi, avendo superato le soglie di punibilità previste dalla normativa penale-tributaria.