Milano, 12 mar. (LaPresse) – I pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella hanno chiesto la condanna all’ergastolo per Pier Paolo Brega Massone e per il suo aiuto Fabio Presicci per le operazioni “inutili e dannose” praticate su molti pazienti dell’istituto Santa Rita solo per ottenere rimborsi dal sistema sanitario nazionale. I due medici della “clinica degli orrori” sono accusati di 4 omicidi volontari e di 45 casi di lesioni. Al termine di una lunga requisitoria durata due udienze, è stato il pm Pradella a formulare la richiesta di condanna per i due medici, per i quali ha chiesto anche un periodo di isolamento diurno e di negare le attenuanti generiche. Diciotto anni di carcere, invece, la pena sollecitata per un altro collaboratore di Brega, Marco Pansera, che era in sala operatoria il giorno in cui una paziente è morta a seguito di un intervento chirurgico non necessario. Per lui sono state chieste le attenuanti generiche. Brega Massone è già stato condannato in appello a 15 anni e mezzo di reclusione per altri 79 casi di lesioni, truffa e falso in concorso con Pansera (condannato a 4 anni, 4 mesi e 15 giorni) e Presicci (condannato 8 anni e 2 mesi). Oltre a loro, sono state sollecitate condanne trai due anni e un anno e due mesi per altri tre medici e un’infermiera.
“Brega Massone voleva effettuare gli interventi a qualsiasi costo, qualunque rischio comportasse per il paziente. I chirurghi hanno accettato il rischio che il paziente morisse”, ha fatto notare il pm Pradella. Una scelta che accomuna i casi di Antonio Schiavo, 85 anni, Giuseppina Vailati, 82, Maria Luisa Scocchetti, 65, e Gustavo Ermenegildo Dalto, 89, tutti pazienti gravi, morti dopo essere finiti sotto i ferri. Per il pm, l’imputato “ha un’indole particolarmente malvagia” e “la sua coscienza non è la nostra di comuni cittadini e nemmeno quella di un medico”. L’ex primario non ha esitato “per soldi” a eseguire interventi inutili parancando “mutilazioni” a dei “malati terminali”.
Il pm Pradella ha quindi chiesto alla Corte di perdonare “una certa commozione nell’esposizione” dei passaggi finali della requisitoria. Il magistrato ha spiegato ai giudici di provenire da una famiglia di medici e che suo padre era medico e di non avere voluto intraprendere questa professione, come i suoi fratelli, per timore di confrontarsi con le sofferenze dei pazienti.