Via Poma, Cassazione conferma assoluzione per Busco. Lui: E’ finito un incubo

Roma, 26 feb. (LaPresse) – A 24 anni dall’omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 negli uffici regionali Aiag in via Poma a Roma, l’assassino resta senza un nome. La Prima sezione della Cassazione ha confermato l’assoluzione per Raniero Busco, all’epoca fidanzato della donna, che era stato accusato dell’omicidio. La decisione è stata presa dopo tre ore di camera di consiglio dal presidente Umberto Giordano. Con questa decisione i giudici del Palazzaccio hanno rigettato la richiesta delle parti civili, la madre e la sorella di Simonetta e del procuratore di Roma. Il pg Francesco Salzano oggi pomeriggio aveva infatti avanzato la richiesta di annullamento sostenendo che nessuna perizia era veramente andata in fondo nel seno sinistro della ragazza. Con questa decisione si chiude uno dei delitti più misteriosi d’Italia che di fatto rimane senza assassino.

“E’ FINITO UN INCUBO”. “Siamo felicissimi, finalmente la vicenda è seppellita e ci siamo liberati da un incubo”. Queste le prime parole, riferite da Paolo Loria, legale di Raniero Busco, pronunciate da sua moglie Roberta Milletarì. La donna, a detta dell’avvocato, si è fatta portavoce anche del pensiero di suo marito.

LEGALE CESARONI: SIAMO DELUSI. “Siamo delusi, resta un delitto senza colpevoli. Rimaniamo convinti che c’erano elementi a carico di Busco”. Così Federica Mondani, legale della famiglia Cesaroni dopo la sentenza di assoluzione definitiva di Raniero Busco.

IL DELITTO DI SIMONETTA. Il corpo di Simonetta (che all’epoca aveva vent’anni e che oggi ne avrebbe avuti 44, essendo nata il 5 novembre del 1969) fu ritrovato dalla sorella Paola che, preoccupata, si era recata negli uffici di via Poma insieme al fidanzato Salvatore Baroni e al datore di lavoro di Salvatore Volponi. La ragazza era praticamente nuda. Indosso aveva solo un corpetto di pizzo Sangallo, il reggiseno e i calzini, al polso l’orologio. Le scarpe da ginnastica erano riposte ordinatamente vicino alla porta. Mai ritrovati invece i fuseax blu, la giacca e gli slip, nonchè gli orecchini, un anello, un bracciale e un girocollo d’oro. L’autopsia accerterà che la morte è avvenuta tra le 17.30 e le 18.30. Il corpo martoriato da 29 coltellate, forse inferte con un tagliacarte, tutte profonde circa undici centimetri: dal volto, al seno, fino al ventre e al pube si scaglia la violenza dell’assassino. Ad ucciderla, un trauma alla testa. Tante le piste seguite negli anni per far luce su un delitto che ha visto anche tra i personaggi che vi sono ruotati attorno anche Pietrino Vanacore, portiere dell’edificio di via Poma, morto suicida il 9 marzo 2010, tre giorni prima della sua deposizione in aula.

BATTAGLIA DI PERIZIE, DALLA CONDANNA ALL’ASSOLUZIONE. Il 26 gennaio 2011 Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni viene condannato in primo grado per il delitto di via Poma. La terza Corte d’Assise di Roma decide per lui la pena di 24 anni di reclusione, al pagamento delle spese processuali e, in separata sede, al risarcimento. Il 24 novembre dello stesso anno si apre il processo di secondo grado davanti alla I sezione della Corte d’Assise d’Appello e i legali di Raniero Busco, Paolo Loria e Franco Coppi, chiedono alla Corte una maxi perizia su 4 punti ritenuti fondamentali dalle difesa: l’accertamento dell’orario della morte di Simonetta, la definizione della lesione sul capezzolo sinistro della vittima, l’interpretazione di alcune tracce di sangue di gruppo A ritrovate sulla maniglia di una delle porte dello studio dove lavorava e dove è stata uccisa Simonetta e l’audizione in aula del professor Fiori e di Paolo Gugliotta (una persona informata sui fatti, interrogata durante l’istruttoria del 1990). Fra le richieste anche quella di riascoltare Donatella Villani (un’amica di Simonetta Cesaroni).

Alla perizia si era detto favorevole, oltre alla stessa difesa, anche il pg Alberto Cozzella, secondo cui “il dato relativo alla presenza di tracce con il dna di Busco rinvenute sul corpetto e sul reggiseno non è mai stato messo in discussione, mentre gli elementi collegati, a partire dal morso, che sarebbe stato dato al seno al momento della morte, vengono ricavati da passaggi successivi”. I legali di parte civile di Paola Cesaroni (la sorella di Simonetta Cesaroni), gli avvocati Massimo Lauro e Federica Mondani, chiedono alla Corte d’Appello di consentire a una perizia psicologico-giuridica volta ad accertare la personalità della vittima, la qualità del rapporto privato tra Simonetta Cesaroni e Raniero Busco, il profilo psicologico-analitico della personalità di Busco.

La Corte d’Appello, dopo essersi riunita in camera di consiglio, accoglie la richiesta della difesa sulle quattro perizie e acquisisce agli atti del dibattimento la lettera del professor Angelo Fiori. Respinge, invece, la richiesta inerente alle deposizioni dei testi Gugliotta e Villani. Il 5 dicembre scorso, dunque, la Corte nomina i tecnici che dovranno occuparsi della perizia: Corrado Cipolla D’Abruzzo, medico legale dell’Università degli studi di Chieti, Carlo Previderè, ricercatore universitario di genetica forense presso l’Università degli studi di Pavia, Paolo Fattorini, medico legale dell’Università degli studi di Trieste. Le perizie sono iniziate il 20 dicembre presso il dipartimento di medicina legale dell’Università degli studi di Pavia: 90 giorni di tempo per i consulenti per depositare le loro relazioni.

Il 27 marzo scorso la deposizione della perizia che ha smontato le accuse della sentenza di primo grado: il segno sul capezzolo sinistro di Simonetta non è un morso, l’orario del decesso non è quello stabilito fin ad ora e sul corpetto ci sono più tracce di dna. La prima corte di appello di Roma il 27 aprile del 2011 ha assolto Raniero Busco per non aver commesso il fatto. Presieduta da Lucio D’Andria, la corte d’appello ha così ribaltato la sentenza di primo grado sull’omicidio di Simonetta Cesaroni.