Roma, 3 feb. (LaPresse) – “Nel caso mio di Raffaele Sollecito non riesco proprio a capirlo perché c’è un assurdo deserto probatorio e non accetto di essere accusato con un movente come ‘non avevano cosa fare quella sera e quindi hanno ucciso’. E’ amareggiante e drammatico sentirsi dire queste cose dopo il giudizio”. Lo ha detto Raffaele Sollecito, in un’intervista rilasciata al Tg1, la prima dopo la nuova condanna per il delitto di Meredith Kercher. “Io non so cosa sia accaduto quella sera, sono assolutamente estraneo a quanto accaduto a Meredith. Il dna sul gancetto non è il mio. Sarò un illuso ma mi aspettavo a tutti gli effetti una assoluzione completa”, ha proseguito Sollecito, spiegando successivamente quanto avvenuto il giorno della sentenza: “Quando ho sentito la sentenza, era molto drammatica la situazione, la prima cosa che ho fatto è stato tornare indietro in Italia”. “E’ una non vita – ha concluso – è come essere all’inferno però in questo mometno preferisco non pensarci”.