Roma, 1 feb. (LaPresse) – Dopo il timore per una ondata di piena che doveva raggiungere la Capitale verso le 22 stanno rientrando i livelli del fiume Tevere a Roma. Di fatto, spiega la protezione civile, non si è trattato di una piena ma di un innalzamento che ha toccato i picchi massimi in serata oscillando tra i 12,70 e i 12,76 metri. Poi il livello dell’acqua ha iniziato a diminuire e alle 22.15 era a 12,65. La situazione è sotto controllo e sempre monitorata ma si attendono nuove piogge che potrebbero potare a nuove allerte. “Il deflusso dalla diga di Corbara (in Umbria) – spiega ancora la protezione civile – è stato controllato quindi questo ha permesso di non creare accumulo importante di acqua all’improvviso”.
“L’innalzamento – si legge in una nota della protezione civile – è essenzialmente dovuto a due fenomeni: le conseguenze delle avverse condizioni meteorologiche registrate negli ultimi giorni e l’apertura controllata della Diga di Corbara (Orvieto) che aveva ormai raggiunto il livello di colmo del bacino. Si stanno ponendo in essere tutte le azioni di monitoraggio e di messa in sicurezza del territorio, con la collaborazione delle autorità competenti. Sono stati inoltre già allertati i concessionari che occupano superfici di specchio acqueo nel tratto del fiume Tevere compreso tra la traversa di Castel Giubileo e la foce”.
Intanto, mentre in mezza Italia si contano i danni provocati dal maltempo delle ultime ore, la Coldiretti lancia l’allarme. “Negli ultimi 20 anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione ne sono stati spesi oltre 2,5 per riparare i danni con il ministero dell’Ambiente ha quantificato infatti in circa 8,4 miliardi di euro i finanziamenti statali dati a politiche di prevenzione, mentre nello stesso periodo si sono spesi 22 miliardi di euro per riparare i danni causati da frane ed alluvioni”, afferma la Coldiretti che con riferimento all’ultima ondata di maltempo evidenzia che il bilancio è ancora più grave se si considerano le vittime e tragedie familiari che frane e alluvioni hanno provocato. “Investire nella prevenzione è sempre più urgente precipitazioni, sempre più violente e frequenti per i cambiamenti climatici in un Paese dove – sottolinea la Coldiretti – con più di 5 milioni i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni che hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione. L’aver inserito il Piano irriguo nazionale in una delle quattro linee di intervento delle risorse del Fondo europeo di Sviluppo Rurale riconosce la necessità di intervenire prioritariamente nella stabilità idrogeologica del territorio nazionale anche perché gli studi evidenziano che le bombe d`acqua causano i danni più gravi nei pressi degli argini, dove purtroppo si continuano ad autorizzare costruzioni”.
“A questa situazione di fragilità territoriale non è estraneo il fatto che l’Italia ha perso negli ultimi venti anni 2,15 milioni di ettari di terra coltivata per effetto della cementificazione e dell’abbandono che ha tagliato del 15 per cento le campagne colpite da un modello di sviluppo sbagliato che ha costretto a chiudere 1,2 milioni di aziende agricole nello stesso arco di tempo. Ogni giorno viene sottratta terra agricola per un equivalente di circa 400 campi da calcio (288 ettari) che le zone esposte al pericolo di frane e alluvioni che riguardano ben il 9,8 per cento dell’intero territorio nazionale. Per proteggere il territorio e i cittadini che vi vivono l’Italia – conclude la Coldiretti – deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile dalla cementificazione nelle città e dall’abbandono nelle aree marginali con un adeguato riconoscimento del ruolo, economico, ambientale e sociale dell’attività agricola”.