Caso Rea, 30 anni a Parolisi. Madre Melania: Fatta giustizia

L’Aquila, 30 set. (LaPresse) – Salvatore Parolisi è stato condannato dalla corte d’assise d’appello all’Aquila a trent’anni per l’omicidio della moglie Melania Rea, avvenuto il 18 aprile 2011. Il procuratore generale Romolo Como aveva chiesto la conferma della condanna di primo grado all’ergastolo, mentre la difesa aveva chiesto l’assoluzione.

LA MADRE DI MELANIA: “GIUSTIZIA E’ FATTA”. “Giustizia è stata fatta per Melania”, ha commentato Vittoria Garofalo, la madre di Melania. A riferirla a LaPresse è il legale della famiglia, l’avvocato Mauro Gionni, che descrive i familiari “commossi e pienamente soddisfatti”. “Siamo molto soddisfatti – ha spiegato – si tratta di una sentenza giusta ed equilibrata. Riconosce la colpa di Parolisi e gli dà tutte le aggravanti”.

LA DIFESA: “PAROLISI PAGA PER TUTTI”. “Sembra una sentenza un po’ esemplare, come se Parolisi debba pagare un po’ per tutti”, ha commentato invece il legale di Parolisi Valter Biscotti. “Siamo sorpresi – ha aggiunto – ci aspettavamo certamente l’assoluzione, non ci sono assolutamente elementi a nostro giudizio che possano portare alla condanna. Andremo in Cassazione e si va avanti”, ha annunciato.

LA VICENDA. Melania Rea fu uccisa il 18 aprile del 2011 a Ripe di Civitella, in provincia di Teramo. Quel giorno di primavera la donna, 29 anni, scompare sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dov’era andata per trascorrere qualche ora all’aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla figlia di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi la donna si sarebbe allontanata per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l’ha mai vista entrare. E’ lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l’allarme: Parolisi, non vedendo rientrare la moglie, chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il suo corpo viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai identificato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata. L’autopsia appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale.

Gli inquirenti trovano vicino al corpo di Melania il suo cellulare, con il segnale che sarebbe stato attivo fino alle 19 di quel terribile 18 aprile. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. Qualche mese dopo, in seguito anche al commosso saluto di Somma Vesuviana alla giovane donna (ai funerali del 16 maggio parteciparono duemila persone), Parolisi sarà arrestato. E’ il 19 luglio del 2011, l’inchiesta passa a Teramo per competenza territoriale e il 2 agosto il gip conferma il fermo del caporalmaggiore. Da quel momento il marito di Melania, sospettato di aver commesso il delitto, non uscirà più dalla galera e non rivedrà più la figlia Vittoria che intanto è stata affidata ai nonni materni.

Il 12 gennaio 2012 il Gup dà l’ok al rito abbreviato per Parolisi e il 27 febbraio inizia il processo che si concluderà il 26 ottobre 2012 con la condanna all’ergastolo del marito di Melania Rea. Salvatore Parolisi, secondo i giudici, avrebbe ucciso Melania con 35 coltellate: al caporalmaggiore vengono comminate tutte le sanzioni accessorie, dall’interdizione perpetua dai pubblici uffici alla perdita della patria potestà genitoriale. Parolisi, dal canto suo, continua a dire di essere innocente, di non essere stato lui a uccidere la moglie Melania.

La successiva tappa del delitto sarà quella del 2 gennaio 2013 quando il gup di Teramo Marina Tommolini deposita la sentenza della condanna di Parolisi. Emerge una dinamica diversa del delitto rispetto all’ipotesi sostenuta dall’accusa: secondo il magistrato il caporalmaggiore avrebbe ucciso per un rapporto sessuale negato. L’omicidio, insomma, sarebbe stato la conseguenza di uno scatto d’impeto dell’uomo e non degli acclarati rapporti extraconiugali dell’uomo. L’omicidio si sarebbe consumato in pochi drammatici momenti: nella pineta di Ripe di Civitella Salvatore avrebbe provato a baciare la moglie per avere un rapporto ma lei avrebbe rifiutato le avances e lui avrebbe reagito all’umiliazione sferrando i colpi mortali con il coltello che aveva in tasca. Tra le motivazioni della sentenza emerge il rapporto sentimentale tra Parolisi e la soldatessa Ludovica Perrone. Secondo il giudice “vi era da circa due anni una stabile relazione sentimentale ancora in corso”. L’uomo, anche durante la difesa nel processo di secondo grado, ha spiegato di “aver tradito Melania, ma di averla sempre amata”.