Di Fabio De Ponte
Isola del Giglio (Grosseto), 18 set. (LaPresse) – Un piccolo porto abbracciato da due moli e la nave in lontananza. Così si presenta l’isola del Giglio a chi arriva in traghetto da Porto Santo Stefano (ecco la mappa: www.google.it/maps/preview?authuser=0#!data=!1m6!1m3!1d2789!2d10.9198667!3d42.3631363! 2m1!1f270!2m1!1e3&fid=7). Da un lato il faro rosso, dall’altro quello verde. Il primo, quello più vicino, dista dal relitto della Costa Concordia circa trecento metri. Risultato: i cronisti vedono da lontano la piattaforma montata accanto alla nave, le gru che lavorano, le chiatte che vanno avanti e indietro. Ma non vedono i dettagli. Tutto appare come un enorme cantiere, è molto difficile capire cosa effettivamente stia avvenendo senza una particolare esperienza nel settore. Chi deve raccontare, perciò, si affida esclusivamente agli addetti ai lavori: la Protezione civile, la Costa e il consorzio Titan-Micoperi. Ed è la prima, nella maggior parte dei casi, a parlare per tutti.
COME AI VERTICI INTERNAZIONALI. E’ successo un po’ quello accade nei vertici internazionali, dove i cronisti non hanno modo di assistere direttamente a quello che accade. Si affidano perciò ai racconti di chi c’è. Le notizie arrivano in massima parte dalla delegazione italiana e in parte dalle altre delegazioni. L’unico lavoro possibile in questi casi, per tentare di capire ciò che succede, è mettere a confronto le versioni, ed evidenziare contraddizioni e cambi di rotta. Questo è quello che è successo al Giglio.
UN RAPPORTO DI DIPENDENZA. Un rapporto di dipendenza, quello della stampa dalla Protezione civile, che ha finito per diventare anche un po’ conflittuale, tanto che il capo Franco Gabrielli, esasperato dalle continue osservazioni critiche, nel corso della conferenza stampa finale si è voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa. In televisione, ha detto, “ho sentito di tutto e di più. Ne colgo uno nel mazzo: qualcuno ha asserito che lo scenario migliore che poteva verificarsi sarebbe stato lo sversamento in mare dell’equivalente di una città di non so quanti abitanti. Stamane sono stato là, vi assicuro di non aver navigato nei liquami. Sono affermazioni fatte con una sicumera che mi ha sempre scoraggiato. Adesso vorrei che queste persone si presentassero a rendere conto delle proprie affermazioni. Nella vita non si è sempre incudine”.
GABRIELLI: “MI CHIEDETE PERCHE’ NON HO PREVISTO LA SFIGA”. La cronaca della giornata. La Protezione civile ha annunciato che ci sarebbero volute 12 ore per realizzare la rotazione della nave, spiegando che da programma tutto sarebbe dovuto iniziare alle sei del mattino. Alle sei ha annunciato un ritardo di due ore, perché il temporale della notte prima aveva impedito di compiere le operazioni preliminari. Alle otto ha rimandato ancora. Alle nove un funzionario della Protezione civile ha detto che le operazioni sarebbero iniziate entro un’ora. Cinque minuti dopo il responsabile del progetto per la Micoperi, Sergio Girotto, è arrivato in sala stampa e ha annunciato che i lavori erano già iniziati. Girotto ha confermato che ci sarebbero volute 12 ore. A sera invece Gabrielli ha spiegato che i tempi erano più lunghi del previsto e che si sarebbe andati avanti a oltranza. A mezzanotte Girotto ha detto che ci volevano tre ore, al massimo quattro, e che forse ce l’avrebbero fatta in due. Alle due invece ha detto “ci vediamo alle quattro”, spiegando che a quell’ora avrebbero presentato una nuova stima dei tempi. Alle quattro Gabrielli è entrato in sala stampa e ha annunciato che la nave era finalmente in piedi. Risultato: quella che in effetti è stata una prova di forte trasparenza, con la comunicazione in tempo reale di tutto quello che avveniva – inclusi gli imprevisti e le relative soluzioni – ha finito per apparire come una confusa organizzazione. Una questione che Gabrielli ha riassunto così: “Invece di dire ‘bravo perché ti sei premunito’ ti chiedono: ‘perché non hai calcolato anche la sfiga?'”.
SVERSAMENTI ED EMISSIONI. Due sono stati i temi su cui si sono concentrate le polemiche: gli sversamenti in mare dell’acqua stagnante contenuta nella nave e le emissioni di gas che potevano essere rimasti finora imprigionati nello scafo. Nel primo caso il rischio era legato a contaminanti chimici (detersivi, liquidi delle macchine e così via), nel secondo ai fumi che potevano essersi sprigionati dalla fermentazione del materiale organico – prevalentemente le derrate alimentari – che si trovava sulla nave al momento del naufragio.
Entrambe le questioni erano state sollevate dalla stessa Protezione civile. Ed è stata la Regione Toscana a scrivere, intorno alle 11, sulla base evidentemente di un’indicazione dell’ufficio regionale della Protezione civile: “Si calcola che la Costa Concordia, squarciata su un fianco per 70 metri, si sia riempita di 236mila metri cubi di acque interne”. Di questi, precisava, “ne potrebbero uscire circa 80mila”. Problema, puntualizzava, per fare fronte al quale “sono state prese tutte le precauzioni per ridurre al minimo il rischio di contaminazione e inquinamento”. Mentre a confermare il timore dei fumi sono stati gli stessi tecnici della Protezione civile, secondo i quali non era chiaro esattamente cosa ci si potesse aspettare.
Alla fine le cose sono andate piuttosto bene. Da quel che si può appurare da terra, l’acqua appare perfettamente pulita e si può vedere distintamente il fondale anche a due metri di profondità; inoltre, non si avverte alcun odore. A lavori terminati, nel corso della conferenza stampa finale, Gabrielli ha confermato: “Stamane sono stato là, vi assicuro di non aver navigato nei liquami”. “Nei pressi della nave – ha aggiunto – non ho percepito nessun tipo di odore. Non si sono mai interrotte le analisi di Ispra e Arpat, anche stamane hanno fatto prelievi”. “Non percepiamo nulla – ha sottolineato – che si discosti da quello che abbiamo programmato ai fini della tutela ambientale”.
“IL SUCCESSO CI HA SORPRESI”. E ha concluso candidamente: “Siamo molto soddisfatti di come sono andate le cose, perché le sfide che il progetto presentava e le cose che i progettisti immaginavano si sono realizzate con una precisione che ci ha anche perfino un po’ sorpresi”.
LA DIFESA DEI GIGLIESI. Una trasparenza, quella della Protezione civile, molto apprezzata dai residenti, a cui sono stati dedicati in questi mesi moltissimi incontri per spiegare tutto quello che stava avvenendo e che veniva programmato. Tanto che in molti casi i gigliesi stessi sono intervenuti durante le conferenze stampa, interrompendo con applausi dedicati a Gabrielli e a Girotto, e bacchettando i giornalisti, colpevoli di fare domande troppo critiche. “Gli imprevisti per chi lavora ci sono sempre – ha riassunto un residente prendendo la parola – solo sulla carta due più due fa quattro”. E persino alle quattro del mattino in molti si sono ritrovati al porto per attendere i tecnici della sala controllo guidati da Nick Sloane e applaudirli. Contestando rumorosamente di nuovo i cronisti: “Perché invece di fare domande – diceva una signora – non li applaudite?”.
I FATTI PARLANO DA SOLI. Alla fine su tutto ha prevalso il buon risultato: la nave in piedi ha garantito una immagine che diceva più di ogni parola e ha dimostrato l’efficienza di tutto il progetto. Ma qualche malizia in più nella gestione della comunicazione avrebbe forse risparmiato qualche mal di pancia a Gabrielli.