Roma, 28 gen. (LaPresse) – La corte di Cassazione, in sede civile, ha confermato la sentenza del tribunale di Palermo con la quale lo Stato viene condannato a risarcire i parenti delle 81 vittime della strage di Ustica. Secondo i giudici fu un missile ad abbattere il 27 giugno de 1980 l’areo dell’Itavia decollato da Bologna.
GIUDICI: “STATO NON GARANTI’ SICUREZZA CIELI”. Lo Stato, si legge nella sentenza di Palermo “non seppe garantire la sicurezza del volo nè con i radar civili né con quelli militari. Il ricorso in Cassazione era stato fatto dall’avvocatura dello Stato. La Cassazione nella sentenza sostiene che “è pacifico l’obbligo delle amministrazioni ricorrenti di assicurare la sicurezza dei voli”, e che “è abbondantemente e congruamente motivata la tesi del missile” accolta dalla Corte di appello di Palermo nel primo verdetto sui risarcimenti ai familiari delle vittime depositato il 14 giugno 2010.
Nel dettaglio, gli ermellini sostengono quindi che “non c’è dubbio che le amministrazioni avessero l’obbligo di garantire la sicurezza dei voli”. Inesistente per i giudici del palazzaccio anche la questione della prescrizione visto che, spiegano, “è ravvisabile la sussistenza del reato aviatorio colposo”. In conclusione, la Suprema Corte spiega che “l’attività volta a garantire la sicurezza della navigazione aerea civile è pericolosa quando risulta esercitata in condizioni di anormalità”. Da qui il via libera al risarcimento per i famigliari delle vittime.
LEGALE: “GIUSTIZIA E’ FATTA”. “Dopo 32 anni giustizia è fatta”, commenta a caldo Daniele Osnato, uno dei legali delle vittime. “Aspettiamo – dice Osanto – di leggere la motivazioni, ma questa per noi è una vittoria”.
ASSOCIAZIONE PARENTI VITTIME: “ORA LO STATO CHIEDA A ALTRI PAESI DI DIRE LA VERITA'”. “Non si può che essere soddisfatti per la decisione della Cassazione di confermare l’obbligo dello Stato a risarcire i parenti delle vittime di Ustica, ma adesso lo Stato deve trovare un po’ di dignità e avere il coraggio di trarre le conseguenze da tutto questo: chiedere anche ad altri paesi, coinvolti nella strage, di dire la verità. È qualcosa che ci è dovuto, molto prima dei risarcimenti”. Così Daria Bonfietti, presidente della’Associazione parenti delle vittime strage di Ustica commenta la sentenza. “Che fosse stato un missile e non un incidente interno all’aereo è una verità che risale all’ordinanza del giudice Rosario Priore del 1999 – prosegue Daria Bonfietti – e lo stesso diritto al risarcimento non è certo una novità: la Cassazione non ha fatto altro che confermare la decisione del Tribunale civile di Palermo. L’assurdo, invece, è che proprio lo Stato avesse deciso di impugnare, attraverso la propria Avvocatura, quell’ultima sentenza. La Cassazione ha fatto chiarezza, ora la faccia anche lo Stato. Come? Muovendosi per chiedere la verità a quei paesi stranieri, Francia, Sati Uniti, Inghilterra, che altri giudici penali hanno detto essere coinvolti in qualche modo in ciò che accadde il 27 giugno 1980. Uno Stato che deve trovare finalmente la faccia per affrontare la verità”.
VENDOLA: “DECISIONE BENVENUTA”. Soddisfatto anche il leader di Sel, Nichi Vendola: “Non poter mai sapere – sottolinea – la verità sulle stragi è una delle malattie del nostro Paese, e che ha minato a lungo la storia della democrazia italiana. E’ benvenuta quindi la decisione di oggi della Cassazione su Ustica: un pò di luce, finalmente”.
LA RICOSTRUZIONE. Ecco cosa accade il giorno della strage di Ustica secondo la sentenza della corte d’Appello di Palermo del 14 giugno 2010. Era il 27 giugno 1980 quando un Dc9 Itavia con 81 persone a bordo, cadde nelle acque di Ustica mentre andava da Bologna a Palermo. Nelle 33 pagine della sentenza si legge nero su bianco che non fu una bomba a far cadere l’aereo ma la presenza di un altro velivolo. Quel giorno, dalla perizia sui radar e “dall’esame dei nastri registrati a Fiumicino” “diventava plausibile – si legge- la presenza di un velivolo sulla scia dell’areo di linea”. A questa conclusione i giuidici sono giunti grazie anche “tracce di velivoli non identificati” mentre la presenza di un aereo non identificato “era riferita pure da varie congruenti testimonianze”. La corte d’Appello sostiene ancora che gli elementi in suo possesso “escludono che il disastro aereo sia dipeso da un cedimento strutturale del DC9” ma soprattitto, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza che “circa le due opzioni formulate per individuare la cause della caduta dell’aereo, e cioè l’abbattimento ad opera di un missile o l’esplosione interna, la Corte ritiene accertata, la prima”. I ministeri condannati dalla prima sezione civile della Corte d’Appello, presieduta da Alfredo Laurino, a risarcire le vittime della strage sono quello della Difesa e quello dei Trasporti. La somma ammonta a un milione e 390.000 euro.
“SCENARIO DI GUERRA”. Secondo i giudici siciliani le perizie dimostrano che un secondo velivolo viaggiava “parallelo al DC9, a una distanza di 1,04 miglia” mentre nei cieli attorno si notavano anche “le tracce di velivoli non identificati”. La corte ritiene che “intorno al volo del Dc9 vi fosse una scenario alquanto complesso: elementi che non si spiegano altrimenti se non con uno scenario di guerra, non sembrando, appunto, verosimile che una bomba esploda su un aereo di linea proprio mentre lo stesso veniva utilizzato come schermo da un velivolo non identificato”. In sostanza i giudici hanno ritenuto provata l’ipotesi che nei cieli d’Italia fosse in corso in quelle ore una battaglia aerea tra velivoli da combattimento.