Commissione: Non si può stabilire nesso tra uranio impoverito e tumori

Roma, 9 gen. (LaPresse) – La Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, nel prendere atto delle caratteristiche di tossicità clinica e radiologica, “non può né asserire né escludere con certezza la sussistenza di un nesso causale tra l’esposizione all’uranio impoverito e l’insorgere di patologie tumorali”. Questa una delle conclusioni cui è giunta la Commissione del Senato, presieduta da Giorgio Rosario Costa che oggi, durante una conferenza stampa, ha illustrato i lavori iniziati nel marzo del 2010.

Nel verdetto, messo nero su un bianco in una relazione di cui oggi è stato diffusa solo la sintesi, si specifica anche però che la commissione “non ha acquisito alcun elemento circa la presenza di tracce di uranio impoverito nelle aree dei poligoni di tiro militari”. Inoltre, “le forze armate non hanno mai utilizzato né posseduto o stoccato sul suolo nazionale munizionamenti di tale tipo”.

Per combattere i potenziali effetti dell’uranio la Commissione chiede però valutazione del rischio, formazione e informazione dei lavoratori. “L’informazione dei lavoratori – si legge nella sintesi del dossier – deve vertere sui rischi generici e su quelli specifici”. E’ inoltre necessaria “la dotazione di adeguati dispositivi di protezione individuale”. La Commissione ha sottolineato in particolare l’esigenza che venga adottato “il principio di precauzione, applicando in modo conseguente le norme sulla tutela della salute dei lavoratori e dei luoghi di lavoro, che, come è noto, si applicano al mondo civile così come a quello militare”.

Inoltre, prosegue, occorre riconvertire il poligono di Salto di Quirra e chiudere di quelli di Capo Teulada e Capo Frasca, iniziative preliminari per “avviare un processo di decrescita della presenza militare in Sardegna”. “Per le bonifiche dei siti – ha sottolineato uno dei membri della Commissione, Gian Piero Scanu (Pd)- servirebbero 300 milioni in tre anni, ben oltre i 75 stanziati”.

Delusa l’associazione delle vittime. “Nessuna risposta è arrivata ai familiari degli oltre 200 morti e degli oltre 2500 militari italiani (dati assolutamente parziali) malati per possibile contaminazione da uranio impoverito”, afferma il legale dell’associazione, Bruno Ciarmoli, commentando la relazione finale dell’organismo parlamentare. “I risultati finali dell’ultima commissione – continua l’avvocato – sono assolutamente deludenti, non è stata fatta nessuna chiarezza su: malformazioni alla nascita, mancata adozione di misure di protezione per il personale italiano, ragion per cui la Difesa è stata condannata più volte a risarcimenti talvolta milionari in sede civile, errori nella concessione dei benefici previsti dalla legge, che hanno portato a un vero e proprio caos”. Secondo Ciarmoli “i risultati sulle indagini nei poligoni, quello di Salto di Quirra in Sardegna su tutti, appaiono infine in contrasto con quanto sta emergendo dall’inchiesta della procura di Lanusei che ha riscontrato tracce di torio (ben più pericoloso dell’uranio) nei cadaveri di pastori ed ex militari venuti in contatto con il poligono. Insomma, non ci resta che continuare a fare affidamento alla magistratura”.