Roma, 13 dic. (LaPresse) – Dopo anni di ‘battaglie’ dentro e fuori dal tribunale, nero su bianco i periti incaricati dalla terza corte di assise di Roma, stabiliscono le cause della morte di Stefano Cucchi, il ragazzo romano, geometra, che il 21 ottobre del 2009 morì all’ospedale Pertini, una settimana dopo il suo arresto. Per gli esperti il 31enne morì per una grave carenza di liquidi e di alimenti, la cui responsabilità va attribuita ai sanitari del nosocomio. “I medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini – spiegano i periti – non si sono mai resi conto di essere (e fin dall’inizio) di fronte ad un caso di malnutrizione importante” e quindi “non si sono curati di monitorare il paziente sotto questo profilo, né hanno chiesto l’intervento di nutrizionisti (o altri specialisti in materia) e, non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso”. Una condotta, quella dei medici, che la perizia definisce “colposa, a titolo di imperizia sia di negligenza quando non di mancata osservanza di disposizioni comportamentali codificate”.
Per gli esperti, con un trattamento terapeutico il 31enne poteva essere salvato. “La sera del 17 ottobre 2009 Stefano Cucchi – si legge nella perizia – presentava uno stato di denutrizione importante che, di fronte alla di lui manifesta volontà di digiunare e di astenersi dal cibo, doveva immediatamente allertare i medici curanti. Il pericolo di vita del paziente si rende poi manifesto il 19 ottobre: in questo momento un trattamento terapeutico appropriato avrebbe consentito probabilmente il recupero di Cucchi”. Negligenza dei medici quindi, ma nessuna reponsabilità degli infermieri. “Non si individuano – si legge nella perizia – profili di responsabilità professionale che abbiano influito in qualche modo sull’evoluzione della patologia di Cucchi e che quindi ne abbiano in alcun modo condizionato il decesso”.
Stando a quello che dicono i professori di Milano “gli infermieri segnalano gli eventi, certo vi sono criticità nel controllo della diuresi e di alcuni controlli di parametri critici di base non sempre condotti né eseguiti con regolarità, ma disporre tipo e frequenza dei controlli è compito non dell’infermiere ma del medico”.
Nel processo per la morte del ragazzo sono imputati sei medici, tre infermieri e tre agenti della polizia penitenziaria. La perizia verrà discussa nell’aula bunker di Rebibbia la settimana prossima, ma nelle 190 pagine gli esperti non sciolgono il nodo principale: non viene chiarito, infatti, se i traumi riportati da Cucchi siano stati provocati da una caduta accidentale o da un’aggressione. Non vi sono elementi, spiegano, “che facciano propendere per l’una piuttosto che per l’altra dinamica lesiva”.
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