Brescia, 18 lug. (LaPresse) – Cinque ettari di terreno, quattro capannoni, uffici, pertinenze e, soprattutto centinaia, forse migliaia, gli esemplari di beagle sequestrati a Green Hill, l’azienda di Montichiari, in provincia di Brescia, che alleva questa particolare razza di cani per destinare i cuccioli e agli adulti alla vivisezione. Una trentina di uomini del corpo forestale dello Stato, appartenenti ai comandi provinciali di Brescia, Bergamo e al nucleo investigativo per i reati in danno agli animali, insieme al personale della questura del capoluogo, sono entrati questa mattina a Green Hill dopo la decisione della Procura della Repubblica presso il tribuale ordinario di Brescia di ispezionare l’azienda e sequestrare gli animali e le strutture. Tre le persone attualmente indagate per il reato di maltrattamento degli animali.
I cani presenti all’interno di Green Hill non possono per il momento lasciare la struttura, perché, come spiega la forestale, le operazioni di sequestro dureranno ancora alcune ore viste le dimensioni dell’azienda. Degli animali, di cui non si conosce il numero esatto, dovranno essere curati e alimentati dai rappresentanti della Green Hill, nominati custodi giudiziari insieme al sindaco di Montichiari e alla’Azienda sanitaria locale.
Immediata la reazione del mondo animalista, che da mesi chiede l’intervento diretto delle istituzioni per chiudere la struttura. Green Hill, infatti, è un allevamento di beagle destinati ai laboratori di tutta Europa, l’unico presente sul territorio italiano, di proprietà dell’americana Marshall Farm Inc, che si occupa di allevare non solo beagle, ma anche maiali, furetti e cani meticci, tutti destinati alla sperimentazione. Legambiente e Lav (Lega antivivisezione) avevano presentato un esposto contro la struttura per chiedere la riapertura dell’inchiesta giudiziaria sulle modalità di detenzione degli animali a Green Hill. “Ci auguriamo – spiega Giancluca Felicetti, presidente della Lav – che gli accertamenti in corso, disposti dalla Procura, possano fare luce, definitivamente, sulle reali condizioni di vita degli animali rinchiusi nei padiglioni della struttura in attesa della spedizione verso gli acquirenti, e sull’impossibilità di Green Hill di garantire il rispetto delle necessità fisiche e comportamentali dei cani, visti i numeri enormi di cui si parla”.
Per Stefano Ciafani, vicepresidente di Legambiente “quello che è emerso è stato uno scenario drammatico: una fabbrica di dolore e sofferenza inaccettabile. Abbiamo deciso così di usare gli strumenti che una società democratica consente, cioè la via giudiziaria: grazie al nostro legale ci siamo rivolti al magistrato e abbiamo illustrato quanto era stato rilevato in occasione dell’accesso, un’iniziativa che si è dimostrata molto più utile all’accertamento della verità rispetto ai numerosi controlli fatti dagli organi competenti in precedenza”. Per l’Enpa (Ente nazionale protezione animali), Green Hill “dovrebbe essere chiuso una volta per tutte” perché “le indagini presso la struttura stanno gettando un’ombra pesante sulle attività di allevamento”. L’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, che da tempo chiede la cessazione delle attività all’interno della struttura, parla oggi di “grande vittoria”.