Roma, 26 apr. (LaPresse) – Ancora un altro giorno e poi la corte d’Assise d’Appello di Roma emetterà il verdetto sull’omicidio di via Poma: la morte di Simonetta Cesaroni, la ragazza uccisa il 7 agosto 1990, con 29 coltellate, che vede sul banco degli imputati l’ex fidanzato Raniero Busco, già condannato in primo grado a 24 anni. Il processo nel quale Raniero Busco è accusato del delitto della ex fidanzata è iniziato alle 9.30: dopo l’intervento dell’avvocato di parte civile, Massimo Lauro a prendere la parola è stato il professor Franco Coppi che ha chiesto per il suo assistito l’assoluzione con formula piena. Il penalista così ha iniziato la sua arringa: “La persona che ha provocato la morte di Simonetta Cesaroni è un mostro. Soltanto un mostro può aver voluto quella morte e fatto scempio di quel corpo. Ma quel mostro non è Raniero Busco”. “Non so – prosegue Coppi – se l’assassino sia ancora vivo. Ma se lo è,áè altrove, privo di rimorsi. E forse in questo momento sta guardando quello che succede in questa aula. Forse si aggira tra noi: un mostro che ogni giorno continua ad uccidere Simonetta”. Coppi, che rivolgendo alla corte d’Appello di Roma, ha chiesto l’assoluzione del suo assistito per non aver commesso il fatto, nel suo intervento ha ribattutto, punto per punto, alla sentenza di primo grado prendendo quindi in esame la personalità di Busco, il movente, il Dna sul corpetto della vittima e l’alibi. Sul movente poi, uno dei passaggi-chiave dell’intervento: “L’impossibilità di trovare l’assassino – ha detto il penalista – non può lasciarci indifferenti. Busco non aveva alcun motivo per uccidere Simonetta. Agli inquirenti, da subito, disse che le voleva bene non nascondendo che la loro relazione fosse sbilanciata. La sentenza di primo grado ci propone un movente sessuale ma negli atti processuali non c’è alcuna prova in tal senso”. La tesi dell’accusa secondo la quale quel 7 agosto 1990 Simonetta e Raniero s’incontrarono “e Busco perse la testa, si avventò sulla ragazza provocando la reazione di quest’ultima e i colpi mortali” è per Coppi “priva di senso e disancorata dalla realtà”. E poi, una interpretazione alternativa alla presenza di tracce del Dna di Busco sul corpetto e sul reggiseno di Simonetta. “Le tracce – ha detto l’avvocato Coppi – sono state trovate nell’esatta corrispondenza l’una dall’altra. Ma il corpetto non era poggiato sul seno bensì sull’addome. Ci fu una contaminazione quando i due indumenti erano a stretto contatto e questo può essere avvenuto in un periodo di tempo che va dal 4 agosto, quando i due fidanzati s’incontrarono, e fino al 7 agosto; sicuramente, però, prima del delitto”.
Quanto poi alla presenza di tracce del dna di Busco sul corpetto e sul reggiseno di Simonetta: “Non le contestiamo – ha detto il penalista – ma ne forniamo una interpretazione alternativa. Le tracce sono state trovate nell’esatta corrispondenza l’una dall’altra. Ma il corpetto non era poggiato sul seno bensì sull’addome quando è stato trovato il cadavere e sull’indumento non ci sono segni del tagliacarte arma del delitto. La contaminazione ci fu quando i due indumenti sono stati a stretto contatto in un periodo di tempo che va dal 4 agosto, quando i due fidanzati s’incontrarono, al 7 agosto, sicuramente, però, prima del delitto”. E sull’alibi Coppi dice: “Alle 19.45 era a Morena come hanno testimoniato diversi amici. Il delitto è avvenuto tra le 18 e le 19 quindi non è compatibile. Non ha dato falsi alibi, anzi ha sempre collaborato con gli inquirenti che gli hanno chiesto un alibi con precisione solo nel 2004, 14 anni dopo il delitto, quindi è normale non avesse un ricordo puntuale”. Infine il difensore ha parlato di altre tracce di sangue trovate sul luogo del delitto (porta della stanza dove è stata uccisa Simonetta, telefono dell’ufficio, specchio dell’ascensore e uno straccio nel vano dello stesso ascensore): “Si tratta di sangue sicuramente non di Simonetta o di Raniero – ha detto – Come mai di queste tracce non si parla mai? Dobbiamo ipotizzare allora o che Busco abbia avuto un complice o che Busco non sia, come noi riteniamo, mai stato in via Poma e che quel sangue sia del vero assassino che si è ferito aggredendo la Cesaroni. In quel luogo c’è una persona che lascia tracce di sangue, ma quella persona non è Busco. Ciò ci riporta alla questione dei tanti misteri che circondano questo caso, interrogativi inquietanti che non hanno trovato risposta, ma se ci muoviamo sul piano logico e delle prove dobbiamo concludere che Busco è innocente e che quindi va assolto con formula piena”.