Roma, 23 feb. (LaPresse) – La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo questa mattina ha sentenziato che, rimandando i migranti verso la Libia, l’Italia ha violato la Convenzione europea sui Diritti dell’uomo e in particolare il principio di non refoulement (non respingimento), che proibisce di respingere migranti verso paesi dove possono essere perseguitati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. Il caso Hirsi e altri contro Italia riguarda la prima operazione di respingimento effettuata il 6 maggio 2009, a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali. Secondo la denuncia presentata alla Corte di Strasburgo, le autorità italiane hanno intercettato una barca con a bordo circa 200 somali ed eritrei, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza. Questi migranti sono stati presi a bordo da una imbarcazione italiana, respinti a Tripoli e riconsegnati, contro la loro volontà, alle autorità libiche. Senza essere identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro reale destinazione. I migranti erano, infatti, convinti di essere diretti verso le coste italiane. Undici cittadini somali e 13 cittadini eritrei, rintracciati e assistiti in Libia dal Consiglio italiano per i rifugiati dopo il loro respingimento, hanno presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte Europea, attraverso gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani.
La Corte di Strasburgo ha accusato l’Italia di aver violato, nel dettaglio, 3 principi fondamentali: il divieto di sottoporre a tortura e trattamenti disumani e degradanti, l’impossibilità di ricorso e il divieto di espulsioni collettive. La Corte quindi per la prima volta ha equiparato il respingimento collettivo alla frontiera e in alto mare alle espulsioni collettive nei confronti di chi è già nel territorio. La Corte ha ricordato che i diritti dei migranti africani in transito per raggiungere l’Europa sono in Libia sistematicamente violati. Inoltre, la Libia non ha offerto ai richiedenti asilo un’adeguata protezione contro il rischio di essere rimpatriati nei paesi di origine dove possono essere perseguitati o uccisi. A causa di questa politica, secondo le stime dell’Unhcr circa 1.000 migranti, incluse donne e bambini, sono stati intercettati dalla guardia costiera italiana e forzatamente respinti in Libia senza che prima fossero verificati i loro bisogni di protezione.
La Corte ha ritenuto che, per effetto delle violazioni riscontrate, i migranti che non hanno ricevuto asilo e che hanno fatto causa, abbiano subito un danno non patrimoniale che è stato quantificato in 15mila euro. I legali del Cir che li hanno assistiti in Libia hanno, invece, rinunciato al loro compenso, chiedendo soltanto il rimborso dei costi sostenuti per partecipare all’udienza che si è svolta a Strasburgo il 22 giugno 2011.
“Quando verrà l’Europa delle regioni la musica cambierà”. Così il leader della Lega, Umberto Bossi, ai giornalisti in transatlantico che gli chiedevano un commento sulla sentenza della Corte. Il presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, nel corso dell’incontro con la stampa presso il palazzo della Consulta rispondendo alle domande dei giornalisti, ha detto: “C’è una linea di tendenza nelle decisioni della Corte nel dare il pieno riconoscimento dei diritti fondamentali agli stranieri, ancor più agli immigrati e ai clandestini” poiché “esiste una soglia minima al di sotto della quale non si può scendere”.